Marco Merola, giornalista e divulgatore scientifico, è docente del Master in Climate change adaptation and mitigation solutions del Politecnico di Torino e del Master in Divulgazione scientifica dell’Università di Siena. Merola è anche l’ideatore del webdoc multimediale Adaptation, con cui confronta i piani di adattamento al cambiamento applicati in diverse zone del mondo.
IQAir, società svizzera, ha stilato una graduatoria che dice che Milano è la terza città più inquinata al mondo. è un dato attendibile?
“Si può credere o meno alla bontà del rilevamento di questa società svizzera ma i dati della IqQAir sono quasi perfettamente sovrapponibili a quelli di Arpa Lombardia. Si può non credere a IqAir ed è legittimo, essendo una società privata portatrice di interessi, ma si deve credere all’Arpa che certifica i propri dati sulla base di strumentazione conforme alla normativa di riferimento e mediante appositi programmi di assicurazione e controllo di qualità. I siti dove sono posizionate le centraline sono scelti per essere rappresentativi della reale esposizione della popolazione. Arpa, inoltre, elabora le proprie statistiche e pubblica i propri report sulla base dei periodi di valutazione previsti dalla legge. La classifica di IQAira fa riferimento a dati orari, che cambiano di ora in ora, con la conseguenza di produrre un elenco variabile a seconda del momento in cui lo si guarda”.
Peggio di Milano, solo Lahore in Pakistan e Dacca in Bangladesh: com’è stato possibile?
“Che Milano e la Val Padana non siano messi benissimo dal punto di vista dell’inquinamento è un dato di fatto. Ma si deve fare un lavoro più scientifico studiando il comportamento nell’arco di un determinato periodo, ci sono stati momenti in cui Milano è stata anche la 500esima città più inquinata del mondo. Trovo che sia un’operazione infedele e non rispettosa del pubblico e della cittadinanza quello di andare a individuare un momento preciso in cui Milano è salita addirittura sul triste podio delle città più inquinate al mondo”.
Le misure che si stanno adottando sono quelle giuste?
“La riduzione delle attività agricole emissive, il divieto di qualsiasi tipo di combustione all’aperto, il riscaldamento nelle abitazioni a max 19 gradi, sono sicuramente cose da fare di primo impatto, ma soprattutto devono cambiare le condizioni meteo climatiche. Il problema è che c’è una convergenza di fattori, sicuramente le emissioni altissime, ma sono ancora più alte perché non sono state disperse in atmosfera come in altri momenti dell’anno, come per esempio in primavera o quando ci sono situazioni di maggiore ventilazione. Adesso siamo nel pieno di un evento anticiclonico con assenza totale di vento e assenza totale di precipitazioni, la cosa importante è che non c’è vento, siamo in un momento in cui la stagnazione è totale e il particolato atmosferico permane a un livello basso dell’atmosfera”.
La pioggia prevista da giovedì (domani, ndr) potrà servire?
“Quando di dice che ‘la pioggia lava l’aria’ si fa riferimento a una credenza popolare che non ha nessun riscontro scientifico. Non è così perché non è provato che queste parti di particolato atmosferico vengano inglobate nelle gocce di pioggia e scompaiono, ci sono degli studi che sta facendo il Politecnico di Torino proprio sulla pioggia. Simulandola, si è visto già che tutto dipende dalla potenza della pioggia, dalla frequenza e dalla grandezza delle gocce, non tutti i tipi di pioggia hanno la funzione di lavare le particelle di particolato atmosferico nell’aria. Purtroppo serve la pioggia, ma serve anche quella giusta”.
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“La risposta l’abbiamo avuta durante il lockdown, noi pensavamo che tenendo fermi i mezzi inquinanti ci sarebbe stato un sensibile abbassamento dell’inquinamento, è stato solo parzialmente vero. Il fatto di non prendere l’auto viene compensato dall’uso del riscaldamento domestico, fortemente inquinante”.