Migranti motore dell’economia, un Report spiazza Meloni & C.

Il rapporto CeSPI smonta i miti: migrazioni come risorsa strategica per contrastare il declino demografico e sostenere il welfare

Migranti motore dell’economia, un Report spiazza Meloni & C.

Abbandonare le narrazioni semplicistiche è ormai un imperativo. Il fenomeno migratorio è complesso, articolato e intriso di dati che disegnano una realtà ben diversa da quella che spesso viene proposta nel dibattito pubblico. Il rapporto “Flussi migratori” del CeSPI è una sfida intellettuale contro la miopia politica e sociale: i numeri e le analisi non sono opinabili, ma strumenti per rompere le retoriche di paura e costruire una strategia.

Declino demografico: una crepa strutturale

La crisi demografica è il punto di partenza. L’Italia, come altri 62 Paesi, affronta un declino della popolazione che è più di un dato: è una frattura che mina le basi del welfare. L’immigrazione non è un’ipotesi, è una necessità. Il 28% della popolazione mondiale vive in nazioni dove il picco demografico è già stato superato e l’invecchiamento avanza. Per l’Italia, che si colloca tra questi Paesi, l’immigrazione è il solo argine contro l’erosione della forza lavoro. Non si tratta di altruismo, ma di pragmatismo spietato: o ci apriamo ai migranti o il sistema implode.

Migranti imprenditori: il dinamismo oltre lo stereotipo

Eppure, il contributo migratorio non è confinato alla sostituzione demografica. I migranti creano lavoro, innovano e sfidano le inerzie economiche. Tra il 2011 e il 2021, l’autoimpiego degli immigrati ha generato 3,9 milioni di nuovi posti di lavoro nei Paesi OCSE, contribuendo al 15% della crescita occupazionale. Questi numeri non sono retorica, sono fatti che smentiscono i luoghi comuni. Ma c’è di più: il 17% dei lavoratori autonomi nei Paesi OCSE è composto da immigrati, un balzo rispetto all’11% del 2006.

Le barriere che zavorrano il potenziale

La realtà non è rosea. Molti migranti si trovano spinti verso l’autoimpiego dalla mancanza di opportunità nel lavoro dipendente, confinati in settori a bassa produttività. La burocrazia soffoca, l’accesso al credito è un miraggio e le reti professionali restano ostili. Questo è il terreno dove le politiche di integrazione devono intervenire: non per pietà, ma per liberare energie e trasformare i limiti in opportunità. L’Italia, con il suo saldo migratorio netto limitato, non può permettersi di sprecare questo potenziale.

Le migrazioni: motore di sostenibilità

Le migrazioni sono una leva per il futuro. L’UNDESA, nel rapporto del 2024, ribadisce che i flussi migratori sostengono lo sviluppo sostenibile, sia nei Paesi di origine che in quelli di destinazione. Le rimesse migliorano le economie locali, il trasferimento di competenze innalza la qualità della forza lavoro e l’innovazione fiorisce nei settori che integrano i migranti. Perché questo accada, è indispensabile garantire percorsi legali e combattere ogni forma di discriminazione.

Rifugiati: non solo emergenza

Tra le pieghe del fenomeno migratorio ci sono i rifugiati, il cui numero ha toccato record storici. Persecuzioni, conflitti e crisi ambientali spingono milioni di persone oltre i confini. Integrarli non è solo un obbligo morale, è un’occasione per riscrivere le dinamiche sociali. Lasciare che l’accoglienza resti una questione confinata ai Paesi di transito è un atto di codardia politica che le nazioni più ricche non possono permettersi.

Un appello alla strategia

L’Italia è al 19° posto nel saldo migratorio netto globale. Una posizione che non si addice a una nazione che si proclama avanzata. I numeri parlano di un’attrattività limitata e di politiche inconsistenti. Cambiare rotta è imperativo. Il rapporto del CeSPI non è un semplice elenco di dati: è un grido d’allarme e una bussola per chi ha il coraggio di affrontare il tema migratorio con lucidità e visione.

Le migrazioni non sono un’emergenza, ma una realtà strutturale. Governiamole con intelligenza, investiamo nei diritti e nella cooperazione. L’immigrazione non è il problema: è una delle soluzioni.