Una cifra record. Che rende l’odissea Drammatica. Nel 2015 sono stati oltre 95mila i bambini non accompagnati sbarcati sulle coste d’Europa, in fuga dalla guerra. Un numero impressionante, dietro il quale si nascondono storie tragiche, di minori costretti ad abusi di ogni tipo, ad essere sfruttati, a diventare merce di scambio.
Tra i bambini rifugiati e migranti non accompagnati, l’Interpol stima che uno su nove risulti disperso o mancante, ma le cifre devono ritenersi di gran lunga superiori. In Slovenia, per esempio, oltre l’80% dei bambini non accompagnati risulta scomparso dai centri di accoglienza, mentre in Svezia fino a 10 bambini ogni settimana risultano dispersi. All’inizio di quest’anno 4.700 bambini non accompagnati sono stati registrati come mancanti in Germania.
Una situazione al collasso, dunque. Della quale l’Europa preferisce, colpevolmente, non occuparsi. “I minorenni non accompagnati sono vittime di falle – dice infatti a giusta ragione Marie Pierre Poirier, coordinatore speciale Unicef per i rifugiati e la crisi migranti in Europa – Molti semplicemente scappano dai centri di accoglienza per unirsi alle loro famiglie allargate mentre aspettano, o perché non hanno avuto un pieno ascolto della determinazione del loro superiore interesse o i loro diritti non sono stati spiegati”.
UN SISTEMA CHE NON FUNZIONA – Sono i numeri, d’altronde, a evidenziare che più di un qualcosa, nel sistema europeo di accoglienza, non funziona. Nella sua denuncia, l’Unicef ha sottolineato l’importanza di accelerare le decisioni che coinvolgono un minorenne, dato che i bambini attualmente devono aspettare fino a 11 mesi tra registrazione e trasferimento in un Paese che ha accettato di accoglierli. Un periodo di certo non corto. Tanto che l’Unicef ha chiesto di abbreviare il periodo di attesa in non più di 90 giorni, con la nomina immediata di un tutore.
Una richiesta che coinvolge anche il nostro Paese. Nel 2015, infatti, i bambini non accompagnati sbarcati in Italia sono stati 12.300 bambini. Decisamente di più rispetto a meno di 5mila arrivati, invece, con le proprie famiglie. Una vera piaga nella piaga, dunque. Una tragedia nella tragedia, che rende il dramma dei migranti ancora più urgente.
COLLASSO – Senza dimenticare che nel 2016 la situazione, specie per quanto riguarda l’Italia, non è migliorata. Secondo i dati raccolti dal Viminale, infatti, il numero di minori stranieri non accompagnati giunti nel nostro Paese nei primi due mesi del 2016 ha visto un forte incremento rispetto allo stesso periodo del 2015: secondo i dati del Ministero dell’Interno, tra gennaio e febbraio del 2016 sono giunti in Italia 1.336 minori stranieri non accompagnati, a fronte di 521 minori soli arrivati nello stesso periodo dell’anno precedente. Negli stessi periodi di riferimento, il numero di minori non accompagnati è superiore anche in termini percentuali rispetto al numero totale di migranti arrivati: se nei primi due mesi del 2015 erano il 6,6 %, nel 2016 sono saliti a 14,6%.
TUTTO FERMO – Eppure ci sarebbe una legge ad hoc per sopperire al grave deficit umanitario in relazione ai minori non accompagnati. Il disegno di legge, depositato in Parlamento all’indomani del naufragio del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, per dare vita a un sistema organico di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati, “giace da più di due anni presso la commissione Affari Costituzionali della Camera, nonostante sia stato sottoscritto da rappresentanti delle principali forze di maggioranza e di opposizione”, denunciano da Save The Children.
AHMAD E GLORY, PICCOLI SCHIAVI INVISIBILI – Una situazione, dunque, che va alla deriva. Come spesso accade, agli annunci in pompa magna dinanzi alla tragedia, è seguito un imbarazzante e assordante silenzio. Un silenzio che avvolge numerose vite umane di bambini abbandonati. Non è un caso che l’associazione umanitaria ogni anno stila un rapporto dal titolo eloquente, “Piccoli schiavi invisibili”, in cui vengono raccolte e raccontate storie che lasciano senza fiato, che dovrebbero farci vergognare. Ahmad aveva solo 7 anni quando ha perso il padre. “Da quel momento – racconta – la vita è diventata molto dura per la mia famiglia. Ho lasciato la scuola a 10 anni per poter lavorare e aiutare mia madre e le mie sorelle. Ho lavorato per un falegname pitturando mobili per sei anni. Guadagnavo l’equivalente di neanche 5 euro al giorno”. Un giorno, però, Ahmad viene a sapere che “un sacco di gente del mio villaggio era tornata dall’Italia e aveva costruito grandi case e aveva belle macchine, così con mio fratello sono andato a incontrare un mediatore e abbiamo concordato il pagamento per essere portato dall’Egitto in Italia via mare”. Dopo 12 giorni in mare e con solo qualche panino che “ho fatto durare più a lungo possibile”, arrivando a non mangiare per quattro giorni interi, e dopo aver cambiato cinque barche differenti perché “i trafficanti sanno che possono essere catturati e che la barca può essere confiscata dalle autorità italiane”, Ahmad approda in Italia. Ma qui è impossibile trovare lavoro: “Le possibilità per noi sono un lavoro al mercato, spostare frutta e verdura, oppure fare la pizza o lavare le macchine. Mi piacerebbe tornare a casa, ma bisogna pagare e io non ho i soldi. Ho detto ai miei amici in Egitto, tramite Facebook, di non venire, che non ci sono posti di lavoro. Ma pensano che io sia egoista e che non dico la verità perché voglio tutto il lavoro per me”.
E poi ci sono le bambine, che spesso non hanno altra strada che quella della prostituzione a cui vengono condannate da uomini (e donne) senza scrupoli. Glory ha 16 anni, è nigeriana, dello stato di Yarouba. Ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale ed è stata affidata alla zia che, sin da subito, ha cominciato a maltrattarla, a picchiarla, lasciandole anche alcune cicatrici in volto. È troppo: Glory scappa di casa in cerca di nuova fortuna. Dopo aver chiesto per giorni l’elemosina, incontra una donna che si offre di aiutarla, promettendo di portarla in Europa dove avrebbe potuto riprendere i suoi studi. Ben presto, però, si accorge che è stata solo ingannata. E, all’età di soli 13 anni, per un anno e sei mesi è costretta a prostituirsi in Libia, a Tripoli, con una piccola paga di 15 dinari per ogni prestazione sessuale. La tappa successiva è la traversata del Mediterraneo sui barconi e l’arrivo in Italia. Qui il suo destino sarebbe stato lo stesso, se Glory non fosse stata intercettata dagli operatori di Save The Children che si stanno, oggi, occupando di lei. Una destino fortunato, quello di Glory, che tuttavia non tocca tutti. Almeno finché in Parlamento la legge per dare giusta e fattiva assistenza ai minori rimarrà chiusa in chissà quale cassetto.
Tw: @CarmineGazzanni