Il calo degli sbarchi sulle coste italiane nasconde una realtà brutale e scioccante. Un’inchiesta del Guardian, pubblicata il 19 settembre 2024, apre gli occhi su un sistema di abusi e violenze che si cela dietro le quinte della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Il reportage rivela l’ennesimo quadro inquietante di violazioni dei diritti umani perpetrate da forze di sicurezza tunisine finanziate dall’Unione Europea, Italia in testa.
Mentre alcuni leader europei guardano al governo italiano come a un modello da seguire per la riduzione degli arrivi via mare, le testimonianze raccolte dal Guardian raccontano l’irraccontabile. Aisha, nome di fantasia usato per proteggere l’identità di una giovane migrante intervistata, descrive un’esperienza terrificante con le forze di sicurezza tunisine dopo un viaggio estenuante attraverso il deserto.
Testimonianze dall’inferno: le voci dei sopravvissuti
“Eravamo esausti, disidratati, quando ci hanno intercettato”, racconta Aisha, la voce rotta dall’emozione. “Ci hanno separato, uomini e donne. Poi… poi sono iniziati gli abusi”. Con gli occhi pieni di lacrime, continua: “Ci hanno spogliato, picchiato. Alcune di noi sono state violentate ripetutamente. Gridavamo, supplicavamo, ma loro ridevano. Dicevano che era il prezzo da pagare per voler raggiungere l’Europa”. Aisha abbassa lo sguardo, tremando visibilmente. “Ho visto una mia amica morire davanti ai miei occhi. Non le hanno dato acqua per giorni. Quando ha perso i sensi, l’hanno semplicemente gettata fuori dal centro di detenzione come spazzatura”.
Il reportage del Guardian documenta una serie di abusi sistematici. Ahmed, un giovane migrante subsahariano, racconta di essere stato picchiato ripetutamente con manganelli e bastoni da agenti tunisini. “Mi hanno colpito sulle gambe, sulla schiena, ovunque potessero”, dice con voce tremante. “Pensavo che mi avrebbero ucciso”.
Ancora più inquietante è la testimonianza di Fatima, una donna che ha subito violenze sessuali durante la sua detenzione. “Mi hanno presa di notte”, sussurra, gli occhi pieni di lacrime. “Non posso dimenticare quello che mi hanno fatto. Nessuno merita di essere trattato così”.
Il Guardian riporta anche casi di migranti abbandonati nel deserto, lasciati a morire di sete e di stenti. Mohammed, sopravvissuto a questa terribile esperienza, racconta: “Ci hanno caricati su dei camion e portati nel mezzo del nulla. Ci hanno detto di camminare verso il confine. Molti non ce l’hanno fatta”.
L’inchiesta rivela inoltre una scioccante collusione tra alcune forze dell’ordine e i trafficanti di esseri umani. Anche questa non è una novità, il modello libico ormai sta facendo scuola. Un migrante, che ha chiesto di rimanere anonimo, afferma: “Gli stessi agenti che ci arrestano di giorno, di notte lavorano con i trafficanti. È un business per loro”.
Il prezzo del ‘successo’: complicità e responsabilità europee
La situazione in Tunisia non è un caso isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di esternalizzazione dei controlli migratori. L’Italia, come altri paesi europei, ha cercato di ridurre gli arrivi stipulando accordi con paesi terzi per il contenimento dei flussi migratori. Tuttavia tali politiche si traducono spesso in gravi violazioni dei diritti umani, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica europea.
Il reportage del Guardian sta attirando l’attenzione della comunità internazionale sulle responsabilità dell’Italia e dell’Ue in questo contesto. È significativo notare come sia la stampa estera a portare alla luce queste problematiche mentre in Italia il dibattito su questi aspetti della politica migratoria rimane sorprendentemente limitato.
Le voci di Aisha, Ahmed, Fatima e degli altri migranti intervistati dal Guardian raccontano una storia di sofferenza e disperazione che contrasta nettamente con le fredde statistiche sulla riduzione degli sbarchi. Il nostro governo esulta. Altri inorridiscono.