di Monica Setta
Ora tutti a scagliare pietre contro Micaela Biancofiore, daje all’amazzone berlusconiana che la fa più grande di ogni immaginazione, viene nominata sottosegretario alle Pari opportunità e dice che i gay, poveretti, si auto ghettizzano. Come dire, chi ė causa del suo mal, pianga se stesso. Amen.
Certo la Nostra è una di quelle, come avrebbe detto causticamente Giulio Andreotti, che se le va a cercare, non chiude bocca un attimo, non si accontenta d’aver sbaragliato la concorrenza agguerrita della tesissima Laura Ravetto o della Trimurti Gelmini-Carfagna-Prestigiacomo andandosi a piazzare comodamente nell’establishment del nuovo governo, no. Lei vuole di più, vincere e comunicare d’aver vinto, spiegare fino allo sfinimento perchè lei ce l’ha fatta e le altre – affettuosamente tiê – sono rimaste al palo.
Insomma, sbaglia chi giudica la Biancofiore più di quanto ella stessa non sia e cioè una “factotum” della politica nel senso più nobile del termine, una donna multitasking, esperta di cinema, di esteri, di riforme e perfino di cene per festosi compleanni da consumare con amici importanti.
Classe 1970, la verità su Micaela ė che lei è bolzanina sì, ma solo di nascita perchè ha un padre meridionale a cui si dice molto legata anche dal punto di vista delle tradizioni.
La prima volta che la conobbi fu appunto ad una cena organizzata da me e dal mio ex marito nel 2001. Fiori, candele, champagne, a tavola quella sera c’era con noi Franco Frattini di cui l’attuale sottosegretario alla Pubblica amministrazione era (almeno a suo dire) fra le più strette collaboratrici. Miki fu invitata da me che l’avevo appena intervistata per una rubrica tv ma la fortuita coincidenza della presenza di Frattini contribuì subito a creare un ottimo microclima per la verve della Nostra. Mi apparve sulla porta, la falcata da valchiria, i capelli disordinatamente sciolti sulle spalle – una massa platinata indistinta e aggressiva- e già il sorriso era euforico, contagioso, la parlantina ritmata come piccoli colpi di mitraglietta. Ogni aggettivo era distante dal concetto basico di “misura”, ridondante, ossequioso eppure piacevole, efficace. Micaela non ti trovava mai meno che “strepitosa”, i tuoi vestiti erano dichiaratamente “ straordinari”, la tua pelle “magnifica” e la cena, che te lo dico a fare, in una sola parola poteva essere alternativamente “favolosa” o “indimenticabile”. Mi fu subito chiaro che in alto Adige la Biancofiore ci era davvero capitata per caso, non aveva la freddezza e lo charme di una Lilli Gruber, tanto per dire, ma affascinava l’interlocutore con un gesticolare così caldo da far pensare subito alla pizza con la “pummarola n’coppa”, uè paesà che bello averti incontrato, ti aspettavo da una vita. E il bello è che quando lei ti stritolava con i nastri di seta dei suoi complimenti e con la furbizia delle lusinghe, tu ci stavi pure, felice come una Pasqua perchè la carne ė debole davanti alla piaggeria, mai incredula o asettica come si dovrebbe per non cadere nelle trappole.
D’altronde, nella dolcezza delle carezze di Miki, quel tono aulico e fondamentale, era precipitato, insieme a me, perfino Silvio Berlusconi che, è storia, stravede per quella sua adepta così devota e compita. Al quarantesimo compleanno di lei, il Cavaliere fu l’ospite d’onore e la Biancofiore non mancò di far notare, con il suo proverbiale understatement, che quella serata era memorabile. “Il mio compleanno più bello” fece scrivere sulla torta che ovviamente si ispirava ai colori e agli umori del Capo.
Voi direte che cosa ha più lei di una Daniela Santanchė? Ebbene, la risposta ê banale, ma sincera: “Danielita” invita al nervosismo, quando ti coccola comunque ti fa capire che lei non è uno zerbino, ma pretende dignità e contropartita. Il maschio si agita, si mette sulla difensiva e spesso fugge a gambe levate. Miki al contrario, è così suadente da toglierti il fiato, ti chiede scusa se mentre parla le scappa un errore, ė l’emozione, sospira, gioca brutti scherzi. Con lei l’uomo più potente si rilassa, non è in competizione, non ė in ansia da prestazione. Biancofiore, lo dice la parola stessa, è la tenerezza garantita, la femmina – femmina, quella che si accontenta, non è calcolatrice e quando ama lo fa d’istinto. Per lei tutte le poltrone portano a Roma, se non sono le Pari Opportunità è la Pubblica amministrazione, magari domani perfino l’attrazione al programma o i Beni culturali. Meglio così che a casa, o non siete d’accordo?