L’Ue si spacca sul piano di risparmio del gas. Tra dubbi e perplessità, i 27 Stati membri hanno chiesto modifiche al testo presentato dalla Commissione europea sul taglio obbligatorio del 15% dei consumi.
Tra dubbi e perplessità, i 27 Stati membri dell’Ue hanno chiesto modifiche al testo del Piano di risparmio del gas
Nelle intenzioni della Commissione, il taglio obbligatorio dovrà essere applicato in tutti i Paesi dell’Unione per ottenere un risparmio del 15% tra il 1° agosto 2022 e il 31 marzo 2023 rispetto alla media dei consumi registrati negli stessi periodi 2017-2021.
Il 15% è un target volontario indicato dall’Ue per contrastare la carenza di forniture energetiche. Il target, tuttavia, potrebbe diventare obbligatorio qualora si verificasse lo stop ai flussi in partenza da Mosca verso l’Europa e dovesse entrare in vigore lo stato di emergenza. Non è da escludere, infatti, che il Cremlino decida di chiudere in modo definitivo i rubinetti del gas nell’imminente futuro, nonostante la riapertura del Nord Stream 1 di giovedì.
Il documento redatto dalla Commissione è stato già bocciato da quattro Paesi: Spagna, Grecia, Portogallo e Polonia. La Spagna ha dichiarato di non appoggiare il taglio del gas e di respingere l’iniziativa così come è formulata. Forte ostilità anche da parte del Portogallo, tra i Paesi europei che in assoluto acquistano meno quantità di gas dalla Russia. Nel caso in cui il piano europeo di risparmio dovesse essere approvato, tuttavia, anche Lisbona dovrebbe limitare del 15% i suoi consumi.
L’Ungheria, invece, si è rivolta direttamente a Mosca chiedendo di acquistare un’ulteriore fornitura di 700 milioni di metri cubi di gas. Budapest, quindi, si è posta in netta discontinuità con la linea che l’Ue intende adottare. L’Italia si inserisce nel gruppo dei circa dieci Paesi che guardano con sospetto al piano europeo.
Per quanto riguarda il documento, ideato sui principi di unità e solidarietà, l’Italia ha rinnegato soprattutto i primi tre punti in agenda: obbligatorietà, 15% e target orizzontale. Roma (che ha già provveduto a ridimensionare la dipendenza energetica dalla Russia riducendo l’import di gas dal 40% al 25%) contesta all’Ue la natura obbligatoria del taglio dei consumi in caso di “allarme” e considera la soglia “troppo ambiziosa e difficile da raggiungere”.
Respinta, poi, anche la volontà di imporre un target orizzontale, uguale per tutti gli Stati membri. Al dissenso manifestato dagli Stati membri, ha risposto il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer. “Siamo assolutamente convinti che il piano sia nell’interesse degli Stati membri”, ha affermato Mamer, “quale che sia il loro grado di dipendenza dalle importazioni di gas russo, di definire una risposta comune alle sfide cui dobbiamo far fronte”.
Il portavoce della Commissione ha anche ricordato come in passato l’Ue si sia “armata in modo ammirevole per uscire dalle crisi”, come ha dimostrato la pandemia Covid e la guerra in Ucraina. Mamer ha poi sottolineato che l’Europa propone misure in campo energetico ma deve rispettare un “processo legislativo e spetta agli Stati membri discutere ora la proposta della Commissione”.
Le questioni energetiche hanno sempre dato origine a discussioni in Ue in quanto gli Stati membri presentano mix energetici disomogenei tra loro e hanno interessi ed esigenze talvolta agli antipodi. Ieri mattina, intanto, l’Ue ha lavorato a ritmo serrato a una revisione del testo per “smussare” i punti critici nella speranza di riuscire a trovare una soluzione entro il Consiglio di martedì prossimo, senza però registrare progressi significativi.