Niente da fare per far crescere davvero il mercato italiano dell’energia. Un operatore resta di gran lunga in posizione dominante e tutti gli altri si spartiscono le briciole. In altri settori – come la telefonia, il credito, le assicurazioni, persino l’editoria – questa situazione sarebbe intollerabile e pesantemente sanzionata dalle autorità di vigilanza sulla concorrenza, ma l’elettricità resta un’isola felice per la sola Enel: non un monopolista ma quasi. A segnalare ancora una volta questa anomalia è l’Autorità per l’energia e il gas (Arera) nella sua ultima relazione sui servizi erogati nel nostro Paese.
I dati – Nel 2017 l’indice di concentrazione del mercato invece di scendere a vantaggio di altri player è leggermente risalito, con soli tre operatori che si spartiscono il 50% delle vendite di energia: Enel abbondantemente prima, con un market share salito dal 34,8 al 37,5%, seguita da Eni ed Edison. Proprio il Cane a sei zampe è autore di un sorpasso dal terzo al secondo posto, ma la quota è lontanissima rispetto a quella dell’azienda guidata da Francesco Starace: appena il 4,5%. E fette ancora più piccole rimangono alle grandi ex municipalizzate come Acea, Hera, Metaenergia e A2A, seguiti via via dagli altri operatori privati. A testimoniare che il sistema non ha mai raggiunto un vero equilibrio, l’Arera segnala anche una diminuzione dei clienti domestici che hanno cambiato nel corso del 2017 il loro fornitore, mentre questo stesso dato aumenta di 83mila unità se si considerano i clienti che utilizzano la media e alta tensione. Ma è proprio sulla quantità di energia venduta alle famiglie che si evidenza l’assoluta posizione dominante di Enel. L’anno scorso, infatti, l’ex monopolista pubblico ha venduto il 72,2% di tutta l’energia consumata dalle famiglie italiane (era il 73% nel 2016), mentre il secondo operatore, l’Eni, pur in crescita si è fermato al 5,6%. Complessivamente, segnala l’Authority, i primi cinque operatori nazionali si dividono l’86,3 dell’intero settore domestico.
Regole bizantine – Siamo dunque di fronte a una assoluta anomalia, che però l’Autorità presieduta da Guido Pier Paolo Bortoni non presenterà neppure in Parlamento, per la decadenza dei suoi componenti. Toccherà ai controllori del mercato nominati in concerto dal nuovo Governo e da Camera e Senato provare a riequilibrare un settore determinante per il Paese com’è quello dell’energia, e non limitarsi a far finta di aprire il mercato, come di fatto è accaduto finora. Uno scenario favorito da una riverenza dell’Autorità arrivata a fine mandato nei confronti dell’Enel, come sostengono decisamente molti addetti ai lavori, ma solo a condizione di mantenere l’anonimato. Merito – o qui sarebbe meglio dire demerito – anche del sistema bizantino con cui è indicata la governance dell’Autorità sull’energia, frutto di complicate intese tra troppi soggetti politici. Tanto è vero che da anni si susseguono le proposte di riforma delle stesse regole istitutive dell’Autorità. Uno sport a cui la politica non ha rinunciato anche nella nuova legislatura, con proposte mirate tra cui un disegno di legge presentato nelle scorse ore dal senatore Gaetano Quagliarello (FI), dove tra le altre cose si prevede l’obbligo di accompagnare gli atti con una relazione che ne illustri le conseguenze sul settore, sugli operatori e i clienti finali.