di Stefano Sansonetti
Le probabilità di successo delle loro idee, verosimilmente, sono legate all’esito delle elezioni tedesche del prossimo 22 settembre. Il giorno successivo, a Roma, verrà presentata una proposta che in molti, ancora adesso, ritengono choc: smontare la moneta unica europea, facendo uscire i pesi più competitivi del Nord e limitando una versione “indebolita” dell’euro ai pesi del Sud. Facile a dirsi. Ma stavolta, dietro al piano, sembra esserci molto più di una provocazione. A muoversi sono gli economisti che all’inizio di quest’anno hanno firmato il “Manifesto di solidarietà europea”. Il nucleo fondatore è formato da una quindicina di accademici per i quali l’Eurozona in questo momento sta facendo acqua da tutte le parti. E rischia di scatenare ulteriori tensioni sociali. Del Manifesto fanno parte anche due italiani, ovvero Alberto Bagnai, professore di politica economica all’Università di Pescara, a lungo considerato come “ideologo” grillino sulle questioni economiche, e Claudio Borghi, professore di economia degli intermediari finanziari alla Cattolica di Milano. Ma nel gruppo ci sono anche accademici che vengono dai quei paesi del Nord-Europa virtuoso a cui si imputa l’attuale spaccatura del Vecchio Continente. In tal senso tra i nomi più “rumorosi” c’è quello del tedesco Hans-Olaf Henkel, che non solo è professore di management internazionale all’università di Mannheim, ma è stato per 5 anni presidente della Bdi, ovvero della Confindustria tedesca. Al meeting di Roma del 23 settembre, dietro al quale naturalmente c’è proprio il “Manifesto di solidarietà europea”, ci sarà anche Henkel. Il quale in patria è famoso per essere uno dei sostenitori di “Alternativa per la Germania”, il nuovo partito anti-euro che rischia di dare parecchio fastidio alle ambizioni di vittoria elettorale coltivate da Angela Merkel.
Il piano
Ma qual è il contenuto della proposta di cui si discuterà a Roma? Quelli del Manifesto la chiamano “segmentazione controllata dell’Eurozona”. Il presupposto è che Unione europea e Mercato comune europeo sono sì tra le maggiori conquiste dell’Europa post-bellica. Ma così com’è “l’Eurozona è diventata una seria minaccia al progetto di integrazione europea”, con connessi rischi “di scoppio di gravi disordini sociali nell’Europa meridionale”. La segmentazione proposta, allora, prevede l’uscita dall’euro, “decisa di comune accordo, dei paesi più competitivi”. L’identità di questi ultimi non viene citata, ma lo stesso Henkel, in precedenti uscite, è sempre partito da Germania, Olanda, Finlandia e Austria. A quel punto l’euro potrebbe rimanere, per qualche tempo, “la moneta unica dei paesi meno competitivi. Ciò potrebbe comportare in definitiva il ritorno alle valute nazionali, o a differenti valute adottate da gruppi di paesi omogenei”. Nella visione dei sostenitori del Manifesto “un euro più debole migliorerebbe la competitività dei paesi dell’Europa meridionale e li aiuterebbe a uscire dalla recessione e a tornare alla crescita”. In più il tutto “ridurrebbe anche il rischio di panico bancario e di collasso del sistema bancario nei paesi dell’Europa meridionale, che potrebbe verificarsi se questi fossero costretti ad abbandonare l’Eurozona o decidessero di farlo per pressioni dell’opinione pubblica nazionale, prima di un abbandono dell’Eurozona da parte dei paesi più competitivi”. Tra l’altro l’appuntamento del 23 settembre, che si terrà alla Link Campus University presieduta dall’ex ministro Vincenzo Scotti, avrà un “antipasto” alla Camera il 12 settembre. In questa occasione sarà presentato il libro “Europa Kaputt” di Antonio Maria Rinaldi, altro economista dell’Università di Paescara, a cui parteciperanno lo stesso Bagnai e accademici come Paolo Savona, Giuseppe Guarino e Giorgio La Malfa.
Gli altri del Manifesto
Ad ogni modo al meeting di Roma sono attesi anche gli altri economisti del Manifesto. Tra questi Brigitte Granville (francese), professore di economia internazionale all’Università Queen Mary di Londra, Jens Nordvig (danese), manager director della banca d’affari Nomura, Alfred Steinherr (tedesco), già economista alla Bei, al Fmi e alla Commissione europea, Jean-Jacques Rosa (francese), professore di economia e finanza all’Institut d’etudes politiques di Parigi, e Jacques Sapir (francese), professore di economia presso la Scuola di alti studi in scienze sociali. Naturalmente ne arriveranno a Roma molti altri. Quali possibilità di successo possa avere l’incontro, in termini di decisioni future, al momento non è dato sapere. Ma forse è la prima volta che economisti provenienti da tutta Europa si apprestano a discutere di un piano di fuga da una moneta unica che non sembra aver mantenuto tutte le sue promesse.