Penalizzate sul lavoro e penalizzate anche dopo il lavoro. Il gap di genere in Italia viene testimoniato dal Rendiconto presentato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, secondo cui il tasso di occupazione delle donne (52,5%) in Italia è quasi 18 punti percentuali inferiore a quello degli uomini. E le lavoratrici hanno, in media, una retribuzione giornaliera di circa il 20% più bassa rispetto ai lavoratori. Diversi, secondo l’Inps, i fattori: il maggior utilizzo del part-time tra le donne, i più bassi livelli di qualifica e il minor ricorso agli straordinari. Tutto ciò nonostante le donne siano mediamente più istruite. Eppure fanno più fatica a fare carriera: solo il 21% dei dirigenti è donna e solo il 32,4% dei quadri.
Le cifre impietose del gap di genere: non è un lavoro per donne
Le assunzioni a tempo indeterminato per le donne sono solo il 18% del totale, contro il 22,6% degli uomini. Le donne rappresentano quasi due terzi dei lavoratori part-time (64,4%) e la percentuale di part-time involontario è il triplo rispetto agli uomini: 15,6% delle occupate contro il 5,1% al maschile. In tutti i settori economici (tranne le estrazioni di minerali) gli uomini hanno redditi medi giornalieri superiori e in dieci settori su diciotto la differenza è superiore al 20%. Toccando il 32,1% nelle attività finanziarie e assicurative, il 35,1% nelle attività professionali scientifiche e tecniche e il 39,9% nel settore immobiliare. Minore, invece, il divario di genere nel settore pubblico, anche se nel servizio sanitario e nell’università e negli enti di ricerca la differenza è quasi del 20%.
Le donne sono anche più istruite: nel 2024 sono il 52,6% dei diplomati e il 59,9% dei laureati, una maggiore istruzione che non si traduce “in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro”. Infatti il 29,4% delle occupate è sovraistruita per il lavoro che svolge, contro il 25,4% degli uomini. E non va meglio quando si raggiunge la pensione, anzi: l’importo medio delle prestazioni previdenziali al femminile è di 989 euro, contro i 1.897 euro degli uomini. Una differenza media di oltre 900 euro. Esaminando le pensioni da lavoro dipendente privato, l’importo medio delle pensioni delle donne è del 25,5% inferiore per quelle di anzianità e anticipate, mentre è del 32% inferiore per quelle di invalidità. E, ancora, per le pensioni di vecchiaia il divario raggiunge il 44,1%. E per le lavoratrici l’uscita anticipata è diventata ancora più complicata con la stretta del governo Meloni sull’Opzione donna, passata da oltre 26mila domande accolte nel 2022 alle sole 4.784 nel 2024. Con il sistema delle Quote che ha perlopiù beneficiari uomini.