Non si può certo negare che il governo Meloni sia coerente. Coerente nel togliere ai poveri e nel continuare a rendere più libera la circolazione delle armi. Mentre smantella il Reddito di cittadinanza, abbandonando migliaia di persone alla fame, e si oppone a una legge sul salario minimo che possa alzare le buste paga di quattro milioni di persone a un livello dignitoso, approva un disegno di legge che introduce modifiche alla legge del 9 luglio 1990, n. 185, che regola il controllo delle movimentazioni internazionali delle armi.
Il Governo allenta i vincoli per rendere più libera l’esportazioni di armi. La Rete pace e disarmo chiedeva di fare l’opposto
Con il provvedimento – si legge nel comunicato del Consiglio dei ministri – viene istituito, su proposta del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, un comitato interministeriale ad hoc per gli scambi di materiali di armamento. Si interviene, in particolare – spiega la nota – sul meccanismo con il quale i divieti alle esportazioni vengono applicati, per eliminare alcune incertezze interpretative, senza modificare nel merito la disciplina di merito”.
“La responsabilità di applicazione dei divieti è attribuita al Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle finanze e delle Imprese e del made in Italy. Il Cisd stabilirà gli indirizzi generali per l’applicazione della legge, le direttive generali per i trasferimenti di materiali di armamento e i criteri generali per l’applicazione dei divieti.
“Il testo rimuove anche la necessità di autorizzazione alle trattative contrattuali nei casi di scambi con Paesi dell’Unione Europea, amplia i termini temporali per l’obbligo di documentare di aver effettuato l’operazione di esportazione e inasprisce le sanzioni amministrative previste nel caso in cui l’obbligo non sia rispettato”. A spiegare la portata di tale disegno di legge è stato il quotidiano Avvenire.
Di fatto con la creazione del Cisd si svuotano le competenze dell’agenzia Uama, ovvero Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento – organismo presso il ministero degli Esteri e della cooperazione – a cui fino a ieri spettava autorizzare o meno i contratti, e quindi le produzioni ed esportazioni, di sistemi di arma stipulati tra governi stranieri e industrie belliche italiane. Sulle barricate il mondo delle associazioni e del Terzo settore.
“Ci opporremo sicuramente a tutte le modifiche che andranno in direzione di una diminuzione di trasparenza e controlli – aveva commentato ad Avvenire Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana Pace e disarmo – e invece dovremmo sempre di più implementare le prescrizioni delle norme internazionali, come la Posizione comune europea del 2008 e il Trattato sul commercio delle armi (Att). Se modificano la legge – aveva avvertito Vignarca – sappiano che dovranno inglobare le norme più restrittive del Trattato internazionale. Quando il Parlamento ratificò l’Att, infatti, si disse che non c’era bisogno di modifiche perché la 185 prevedeva già le norme previste dal Trattato. Ma se la 185 viene toccata, non si possono fare solo le modifiche su Comitati e procedure, si dovranno invece inserire i criteri dell’Att, anche più stringenti di quelli della 185”.
Per esempio “sui diritti umani il Trattato dice che non si può esportare se c’è un rischio di commettere abusi sui diritti umani – spiega Rete pace e disarmo – non quando gli abusi vengono accertati. Non è un caso che certe cose si provino a fare ad agosto”. Il governo però ci ha provato ed è riuscito.