Degli otto miliardi destinati al taglio delle tasse il grosso – sette miliardi – andranno al taglio dell’Irpef mentre un miliardo verrà destinato all’eliminazione dell’Irap per autonomi, ditte individuali e start up. Una sforbiciata che dovrebbe premiare soprattutto i ceti medi ma che non dovrebbe produrre risparmi in busta paga, per loro, superiori ai sessanta euro.
La maggioranza ha raggiunto l’intesa (leggi l’articolo) su come distribuire la dote prevista in Manovra per il calo delle tasse. Nel dettaglio scendono da 5 a 4 le aliquote Irpef. Per la fascia di reddito fino a 15mila resta al 23%, per quella tra 15-28mila scende dal 27% al 25%, quella 28-50mila cala dal 38% al 35%, mentre oltre i 50mila si passa direttamente a una tassazione al 43% che invece attualmente è riservata ai redditi sopra i 75mila euro.
POCHI SPICCI. In sostanza viene abolito lo scaglione al 41%, e viene abbassata da 55mila a 50mila euro la soglia di uscita del terzo scalino, per concentrare l’impatto della riforma sul ceto medio. I benefici potrebbero arrivare fino a 700 euro annui, calcola il Pd. Ma si tratterebbe appunto di risparmi contenuti che si aggirano sui sessanta euro al mese. Sulla no tax area si valutano piccole modifiche. Mentre il bonus di Renzi da 80 euro, diventati poi 100, sparirà. Le detrazioni saranno riordinate, e riassorbiranno i bonus.
Tutti i partiti esprimono grande soddisfazione per l’accordo raggiunto. Accordo che, dice Gilberto Pichetto di Forza Italia, sostiene “famiglie, giovani e imprese”. Anche per Luigi Marattin di Italia Viva si tratta di un “buon accordo sul metodo e sul merito”, perché contiene due “interventi strutturali” e quindi non limitati al 2022. Un lavoro “molto positivo” con interventi “percettibili”, secondo il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, presente al tavolo per il M5S. E anche il senatore Alberto Bagnai, presente per la Lega, è soddisfatto perché le tre richieste del suo partito (abolire l’Irap per autonomi e professionisti, ridurre l’Irpef per tutti, semplificare il fisco) sono state accolte. Esulta anche Il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani.
SCELTE SENZA VISIONE. Del tutto insoddisfatte, invece, le parti sociali. Gli imprenditori bocciano sonoramente la riforma. Se la bozza “dovesse essere confermata, saremmo in presenza di scelte che suscitano forte perplessità perché senza visione per il futuro dell’economia del nostro Paese”, dice viale Dell’Astronomia. Non va giù agli imprenditori la sforbiciata decisa sulle aliquote Irpef che a loro dire “disperde risorse”, con effetti “impercettibili” sui redditi delle famiglie, soprattutto qualora il taglio fosse finanziato anche da una copiosa eliminazione delle agevolazioni.
Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, spiega che “l’accordo con noi non è ancora stato trovato. Noi siamo in attesa di una convocazione”. Sulla stessa linea d’onda la Cisl: “Per quanto ci riguarda esprimiamo dubbi peraltro su un metodo che, pur in previsione di un confronto con le parti sociali al Mef, lascia trapelare notizie su accordi già confezionati coi partiti che renderebbero solo consultivo il ruolo dei sindacati. E questo renderebbe irricevibile qualunque impostazione”.
Entra nel merito la Uil ma per esprimere un giudizio negativo. Il segretario confederale, Domenico Proietti, torna sulla necessità di aumentare le detrazioni per lavoratori dipendenti e pensionati. “Solo in questo modo, come sottolineato anche dalla Banca d’Italia, si avrà un risultato significativo per milioni di italiani”, afferma.