Non è tutto oro quello che luccica. Perché se la conferma di Marco Marsilio in Abruzzo avrebbe dovuto riportare il sereno nel Centrodestra dopo la sconfitta subita due settimane prima in Sardegna, il colpo di reni delle destre nella regione dei tre mari (copyright del riconfermato governatore) non è bastata a scacciare tutte le nubi che si erano addensate, alla vigilia del voto, nel cielo della coalizione.
Nonostante il successo in Abruzzo i sondaggi continuano a fotografare un trend preoccupante per la maggioranza e in particolare per la premier Meloni
A rovinare la festa – e la narrazione – a Palazzo Chigi, per quello che doveva essere celebrato come un successo personale della presidente del Consiglio, in grado di cancellare la sconfitta – altrettanto personale – subita da Paolo Truzzu per mano di Alessandra Todde, ci hanno pensato, infatti, i sondaggi. Che nonostante il successo in Abruzzo continuano a fotografare un trend preoccupante per la maggioranza e, in particolare per la premier e il suo partito. Ponendo un interrogativo dull’operato dell’esecutivo. Come si spiega, a meno di 48 ore dalla riconferma di Marsilio, che nell’ultimo mese il governo Meloni abbia perso 5 punti di fiducia scendendo per la prima volta sotto il 40%? Un dato, peraltro, di poco superiore ai livelli del secondo governo Conte registrati due anni fa.
Da febbraio la leader di FdI ha bruciato altri tre punti di gradimento. Stabile Conte e in lieve crescita Schlein
A certificare la flessione, è l’Istituto Ixè. L’ultimo report sul gradimento dei leader, registra un calo della fiducia di tre punti tanto per la premier quanto per il suo vice Matteo Salvini, che scendono rispettivamente al 40 e al 33% rispetto al dato di febbraio. Stabile, invece, il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte al 32% mentre risulta in lieve crescita la segretaria del Pd Elly Schlein che guadagna due punti salendo al 26%. Tutti dati comunque molto lontani dal 55% del campione che ha espresso “molta” o “abbastanza” fiducia nell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi.
Leggera flessione per i partiti del centrodestra, in particolare di Fratelli d’Italia e Lega
Ma non è tutto. Se a tre mesi dalle Europee, secondo l’Istituto Ixè, l’astensionismo resta inchiodato intorno al 50% degli aventi diritto al voto, gli orientamenti evidenziano una crescita del centrosinistra, in particolare del Pd (20,2%, +1,2%), e una leggera flessione del centrodestra, in particolare di Fratelli d’Italia (27,8%, -0,3%) e Lega (8,2%, -0,6%). Mentre, tra i tre principali azionisti della coalizione, solo Forza Italia cresce di un punto in controtendenza con il resto dell’alleanza. Numeri che fanno il paio con quelli dell’ultimo sondaggio di Swg per il Tg di La7 sulle intenzioni di voto degli italiani. Che conferma il calo di FdI (-0,2%) e del Movimento 5 Stelle che perde quasi mezzo punto percentuale (-0,4%) e la crescita di Pd e Azione (+0,2%).
Insomma, numeri che, passata l’ubriacatura per la riconferma in Abruzzo, suonano come un campanello d’allarme per il Centrodestra e per la premier in particolare. E che consiglierebbero di tenere ben distinto il dato delle Regionali da quello nazionale. Ma come si spiega il calo parallelo di consensi e fiducia? Dopo quasi un anno e mezzo di governo, la lista delle promesse tradite da Giorgia & C. oltre alle sbandate rispetto agli impegni presi con il programma elettorale è sempre più lunga ed evidente. Senza contare la deriva bellicista dell’esecutivo che, sondaggi alla mano, è sempre meno condivisa dagli italiani.
L’Ucraina è percepita ormai come una masochistica forma di accanimento terapeutico
L’Ucraina è percepita ormai come una masochistica forma di accanimento terapeutico dell’inevitabile fallimento di ogni controffensiva nonostante le promesse di vittoria sulla Russia vaneggiate da Kiev e dell’Occidente al seguito. Un costo non solo in termini di vite umane, ma anche economico che gli italiani non sono più disposti a sopportare. non c’è del resto narrazione che tenga di fronte alla convinzione, sempre più radicata, che i miliardi buttati per finanziare una guerra dall’epilogo ormai scritto siano serviti solo a sottrarre risorse ad un Paese che arranca. Tra crescita da prefisso telefonico, carovita alle stelle e servizi da dimenticare – dalla Sanità ai trasporti pubblici – tutti i principali indicatori economici descrivono un’Italia sempre più in sofferenza.
Il tutto mentre le immagini del bacio del presidente Usa, Joe Biden, sulla fronte della fedele Meloni, non fanno che rafforzare la convinzione di quella parte del Paese che rimprovera al governo un eccesso di subalternità alla Casa Bianca in politica estera. Per non parlare del resto. Dalla comica delle accise sulla benzina – il video di Giorgia al distributore che ne prometteva l’abolizione ha fatto il giro del mondo – al bluff delle tasse sugli extraprofitti delle banche – che di fatto non hanno scucito un euro – mentre si è perso ormai il conto di sanatorie e condoni vari a beneficio degli evasori fiscali, infilati dal governo nei più disparati provvedimenti di legge.
Le manganellate di Stato agli studenti inermi, percepiti come forma di repressione del dissenso
Senza dimenticare gli aiutini alle solite lobby e delle manganellate di Stato agli studenti inermi, percepiti come forma di repressione del dissenso. Se nonostante la vittoria in Abruzzo, dunque, i consensi continuano a scendere, un motivo dovrà pur esserci. E dopo un anno e mezzo, lo scaricabarile sui governi precedenti e il vittimismo da underdog non incantano più. O di certo, incantano sempre meno.