Sarà una manovra di tagli. Una sforbiciata agli sprechi e all’inefficienze, dice la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma in realtà le sue parole vogliono dire ben altro: il primo sacrificio potrebbe infatti riguardare le pensioni. Con la concreta possibilità di una rivalutazione parziale, rispetto all’inflazione, dell’assegno previdenziale.
Altro che superamento della legge Fornero, insomma. Le promesse delle destre in tema di pensioni sembrano destinate a naufragare, ricorrendo alla previdenza solamente per fare cassa. In fondo è più o meno la stessa operazione già messa in campo lo scorso anno, quando si salvarono così circa 10 miliardi di spesa in un triennio.
I tagli sulle pensioni
Per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è “prematuro” parlare oggi di pensioni e delle misure da mettere in campo. Manca ancora un mese alla Nadef, ma sembra praticamente certa la rinuncia alla Quota 41. E non solo.
Che i tagli ci saranno è certo, l’ha detto in ogni modo Meloni in Consiglio dei ministri. Per quanto riguarda le pensioni, l’idea potrebbe essere quella di far cassa per recuperare soldi che servono soprattutto al taglio del cuneo fiscale.
Il ragionamento è semplice ed è soprattutto elettorale: gli stipendi sono già stati alzati e se si dovesse tornare indietro l’effetto sarebbe immediato per milioni di lavoratori, con risultati visibili in busta paga. Diverso il discorso per la rivalutazione delle pensioni: ce ne si accorge meno, perché non c’è una diminuzione ma semplicemente un aumento meno alto del previsto. Quindi non si leva qualcosa di già dato.
L’ipotesi più probabile, quindi, è di ripetere anche quest’anno lo schema già introdotto con la scorsa legge di Bilancio. Magari parlando di un sacrificio generazionale, con i più anziani che rinunciano a qualcosa per aiutare i più giovani.
La rivalutazione degli assegni previdenziali nel 2023 e cosa succederà nel 2024
Per il 2023 il governo Meloni ha deciso di applicare una rivalutazione piena, al 100%, solamente per gli assegni fino a tre volte il minimo. Poi la percentuale scendeva dall’80% fino al 35%, con una suddivisione in base a sei diverse fasce.
Nel 2024 si dovrebbe invece recuperare l’inflazione del 2023, che attualmente (ma i dati sono quelli del Def di primavera e quindi da aggiornare) è prevista al 5,7%. Se non dovessero essere cambiate le regole, verrebbe confermata la suddivisione in sei fasce.
Ma non è da escludere addirittura che il governo ne aggiunga altre, magari penalizzando ancor di più qualche pensionato. Molto dipenderà dalla spending review e dal taglio dei bonus fiscali. O, ancora, dalle possibili privatizzazioni di cui ha parlato Giorgetti. E se i soldi non sono sufficienti, allora si va a far ancora più cassa con le pensioni.