Il governo Meloni ha bisogno del sostegno dell’Europa non solo per l’emergenza migranti. Nonostante le critiche rivolte a Bruxelles e al commissario all’Economia Paolo Gentiloni,l’Italia è in cerca di alleanze e sostegni per superare scogli importanti come la riforma del Patto di stabilità (a cui è legata in buona parte la sorte della Manovra per il 2024) e le partite aperte sul fronte della concorrenza (dall’intesa Ita-Lufthansa al futuro di Tim). Eppure non sembra far altro che cercare lo scontro con Bruxelles.
Dal Piano nazionale di ripresa e resilienza al Mes, dal Patto di stabilità ai balneari e agli ambulanti, diversi sono i fronti aperti con l’Europa. Il governo non è in grado di realizzare buona parte dei progetti del Recovery entro la scadenza del 2026. Lunedì ha deciso di cambiare forma anche alla quinta rata abbassando da 69 a 51 l’asticella dei target da raggiungere entro il 31 dicembre di quest’anno. Un’ulteriore sforbiciata su cui dovrà esprimersi l’Europa chiamata a dire la sua sulla revisione complessiva del piano operata dall’esecutivo Meloni.
La difficile partita di Meloni sul Mes
Poi c’è il capitolo del Mes. Cresce il pressing europeo sull’Italia perché ratifichi il nuovo trattato del Meccanismo europeo di stabilità. Alle dichiarazioni di rispetto per le prerogative parlamentari, al consiglio economico informale di Santiago di Compostela si è aggiunta una certa preoccupazione per una ratifica che ormai da mesi – tra venti aderenti – manca solo da Roma. “È importante non solo per l’Italia ma per l’intera area dell’euro”, è stato l’appello del presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe.
L’Eurogruppo aveva chiesto al ministro Giancarlo Giorgetti di dare un aggiornamento sull’iter di ratifica del Mes, giunto in Aula alla Camera il 6 luglio, per un confronto subito sospeso per quattro mesi. Ai colleghi dell’eurozona Giorgetti avrebbe spiegato tutte le difficoltà a trovare una maggioranza parlamentare per votare la ratifica. Ma il ministro dell’Economia sa che l’Italia non può tirare troppo la corda. In ballo c’è il Patto di stabilità. Dalla decisione che verrà presa per modificare le vecchie regole di bilancio dipenderanno gli spazi del governo per mettere a terra la Manovra per il prossimo anno che, considerata la crescita asfittica, si annuncia all’insegna dell’austerità.
Il governo Meloni chiede di scorporare almeno nell’arco temporale del Pnrr, ovvero fino al 2026, una parte degli investimenti legati al Recovery e le maggiori spese in difesa per la guerra in Ucraina. Ma la sua ostinazione nel no al Mes non aiuta come non aiuta il fronte aperto con la Germania sul fronte dei migranti. La Germania mantiene da sempre, come la Finlandia e la Svezia, una linea di rigore sulla riduzione del debito e non è incline a fare molti sconti all’Italia. Ma il suo rigore potrebbe diventare un muro qualora l’Italia dovesse perseverare nel mantenere nei suoi confronti atteggiamenti ostili.
Muro contro muro
Meloni non solo continua a mantenere stretti rapporti con il leader ungherese Victor Orban (espulso dal Ppe) e con il collega polacco Mateusz Morawiecki, due premier di due Paesi in rotta di collisione con l’idea di una maggiore integrazione europea e la cessione di maggiori poteri all’Ue, ma ha deciso di inseguire l’alleato leghista nella sua crociata contro Berlino sul fronte degli sbarchi. Ne è testimonianza la lettera che ha scritto a Olaf Scholz criticando la scelta della Germania di finanziare le Ong in mare e in Italia. “La Germania fermi i finanziamenti”, ha tuonato il vicepremier Matteo Salvini, parlando di atto “ostile e oltraggioso”.
Azione “grave” che “mette in difficoltà un Paese in teoria amico”, la posizione espressa dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Ultimo, non per importanza, è il braccio di ferro dell’Italia con l’Europa sulle concessioni agli ambulanti e quelle ai balneari con il governo Meloni che si sta bellamente infischiando dei richiami ad applicare la direttiva Bolkestein sulla necessità di indire le gare per rispettare i principi di concorrenza e liberalizzazione del mercato.