Passate le elezioni europee e quelle amministrative, torna a irrompere in Italia il divisivo tema della corsa al riarmo. Così, mentre gli italiani, a causa del bilancio statale ridotto all’osso, devono fare i conti con i salari fermi al palo, la sanità in crisi e le carceri che scoppiano, il governo di Giorgia Meloni torna a promettere l’aumento della spesa militare così da portarla al 2% del PIL, come previsto dagli accordi, non vincolanti, con la NATO guidata da Jens Stoltenberg.
Meloni si inginocchia alla Nato e promette che l’Italia arriverà a spendere il 2% del Pil in armi
Per annunciare quello che era già chiaro a tutti, malgrado il silenzio elettorale, Meloni ha scelto il vertice NATO a Washington. Appuntamento in cui il segretario generale del Patto Atlantico ha rivelato che “arriveremo al 2% del PIL” per la difesa in tutti gli Stati membri, e che “il supporto della NATO all’Ucraina continuerà” tanto più che “l’adesione di Kiev” all’Alleanza “è ormai inevitabile”.
Così dalla capitale degli USA, parlando dell’intenzione di destinare il 2% del PIL alla difesa, la premier ha detto: “Abbiamo sempre confermato l’impegno, nel passato e nel presente. Lo ricordiamo a chi fa polemica, perché noi manteniamo gli impegni che hanno preso loro in passato: un po’ di coerenza aiuterebbe”. Del resto per la Presidente del Consiglio “quando si prendono impegni, bisogna mantenerli” ed “è ancora più importante oggi” davanti a un contesto internazionale traballante in cui “se vuoi essere libero e capace di prendere le decisioni nella difesa del tuo interesse nazionale, devi capire che gli investimenti in difesa sono funzionali a questo scopo”.
Ma aumentare la spesa militare non succederà dall’oggi al domani: “Lo dobbiamo fare con i tempi e le possibilità che abbiamo, ma l’Italia deve tenere fede ai suoi impegni e lo farà”. Una linea sposata a pieno dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, che per rendere possibile il riarmo italiano ha annunciato che chiederà alla nuova Commissione UE di scorporare le spese militari dal Patto di Stabilità. “In caso” non verrà accettata la proposta italiana – già rigettata un anno fa –, “resta l’impegno a rispettare la scadenza del 2028 e a raggiungere l’obiettivo in ogni modo”, ha concluso Crosetto.
Opposizioni in rivolta contro Meloni
Davanti a queste dichiarazioni, le opposizioni si sono lanciate all’attacco delle destre. “La prossima manovra del governo prevederà più spese militari e meno spesa sociale, un aumento di ben 3 miliardi di euro dei fondi stanziati per le lobby delle armi e tagli ai servizi dei cittadini. Giorgia Meloni getta la maschera e svela la vera natura militarista del suo governo”, dichiara l’europarlamentare M5S, Mario Furore. Lo stesso aggiunge che “la Commissione UE non può avallare questa vergognosa ingiustizia ai danni dei cittadini italiani e deve rigettare la richiesta del governo italiano di scomputare le spese militari dai calcoli del Patto di Stabilità, altrimenti saremmo davanti a un trattamento privilegiato che i cittadini non capirebbero”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il cofondatore di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, secondo cui la premier “annuncia che l’Italia rispetterà gli impegni del 2% per le armi. Nel frattempo, gli impegni per la sanità, il trasporto pubblico, l’istruzione e il contrasto alla povertà per questo governo possono aspettare”. Lo stesso fa notare che “la spesa militare italiana ha raggiunto 35,5 miliardi di dollari nel 2023, posizionando l’Italia al dodicesimo posto a livello globale” con “un aumento del 31%, pari a 2.443 miliardi di dollari, rispetto al 2014”. Poi, con fare battagliero, chiede alla premier di “venire in Aula a spiegare perché ha deciso questo aumento senza una discussione parlamentare. È inaccettabile che si trovino fondi per aumentare le spese militari mentre 5,6 milioni di persone vivono in povertà”.