Va di bianchetto la premier Giorgia Meloni nelle sue comunicazioni al Senato, in vista del Consiglio europeo del 20 e del 21 marzo. La parola riarmo scompare dal testo o meglio compare ma la presidente del consiglio la utilizza solo per criticarla e per giudicarla ancora “una scelta infelice”.
Il 6 marzo la Presidente von der Leyen ha presentato il piano “ReArm Europe”, spiega. “Si è detto che chiedevo di cambiare il nome perché voglio confondere i cittadini, ma io l’ho fatto perché credo che, invece, ReArm Europe sia un nome fuorviante per i cittadini”. Più che altro il tema è spinoso per la sua maggioranza.
Via la parola “riarmo” per tenere buona la Lega
A Strasburgo Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato il piano di riarmo da 800 miliardi di Ursula von der Leyen e la Lega ha votato contro. Ecco perché va di bianchetto. Ed ecco perché nella risoluzione di maggioranza la parola non compare mai.
‘’Niente truppe italiane in Ucraina e nessuna ipotesi di esercito europeo, nessun taglio ai fondi per lo sviluppo e nessun accenno a un debito comune europeo, massimo sostegno all’impegno di Donald Trump per la pace e investimenti per la sicurezza in Italia. Bene il discorso di Giorgia Meloni che va nella giusta direzione, fortemente auspicata da Matteo Salvini’’, recita una nota della Lega al termine delle comunicazioni di Meloni.
Che sono degne, come dice il senatore del M5S Ettore Licheri, di un’acrobata circense.
“Certamente oggi siamo chiamati – dice Meloni – a rafforzare le nostre capacità difensive, di fronte alle nuove sfide geopolitiche, alle maggiori responsabilità a cui veniamo richiamati in ambito Nato e alla necessità di rafforzare il ruolo dell’Europa in questo contesto. Ma oggi, rafforzare le nostre capacità difensive non significa banalmente acquistare armamenti”.
“Intanto perché non si tratta di acquistarli, magari da Paesi stranieri, quanto semmai di produrli, rafforzando – spiega – la competitività e sostenendo gli investimenti delle nostre aziende e del nostro tessuto produttivo. Ma ancora prima, perché rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al semplice potenziamento degli arsenali”. Dunque ok alla produzione di più armi, purché si premino le aziende di casa nostra.
La chiama sicurezza Meloni, si traduce in shopping militare
“Lascio volentieri ad altri, in quest’aula e fuori, quella grossolana semplificazione secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi di euro sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile. La demagogia non mi interessa”, insiste Meloni.
Insomma, non le piace sentir parlare di riarmo ma difende a spada tratta la necessità del nostro Paese a dotarsi di un sistema di difesa che lo renda sicuro e libero.
“Non chiedete a me di lasciare questa Nazione esposta, incapace di difendersi, costretta a dire sì, semplicemente perché non ha un’alternativa”. E ancora: “So che la libertà ha un prezzo, e so, che se non sei capace di difenderti da solo non puoi neanche decidere, contare, affermare il tuo interesse nazionale. Il paradosso è che chi oggi sventola le bandiere della pace contro le spese per la Difesa si lamenta anche di una eccessiva ingerenza americana nelle nostre vicende. Beh, signori, le due cose non stanno insieme. O demandi la tua sicurezza ad altri, e gli altri decidono per te, o impari a difenderti da solo e decidi tu”.
E per compiacere ancora una volta la Lega, rilancia la proposta avanzata dal ministro Giancarlo Giorgetti di un meccanismo di garanzie pubbliche europee, coordinato e integrato con i sistemi nazionali, sul modello di quello che è attualmente utilizzato per il programma Invest Eu, per mobilitare i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della Difesa.
Alla fine della fiera è passata la risoluzione di maggioranza. Con un compromesso che alla fine sconfessa tutti e tre i partiti di governo. Se domani Meloni sosterrà al Consiglio Ue il piano di riarmo criticato, la Lega avrà dato con la risoluzione il via libera al sostegno di quel piano. Pur essendo un testo vuoto.