Le comunicazioni della premier Giorgia Meloni al Senato in vista del consiglio europeo del 20 e del 21 marzo sono parse un’operazione di grandi acrobazie lessicali. La presidente del Consiglio è ritornata a criticare il nome dato al piano sulla difesa europea “ReArm Europe”. E di riarmo non ha parlato mai ma ha confermato che “noi oggi siamo chiamati a rafforzare le nostre capacità difensive di fronte alle nuove sfide geopolitiche, alle maggiori responsabilità a cui veniamo richiamati in ambito NATO, alla necessità di rafforzare il ruolo dell’Europa in questo contesto”, un concetto, ha spiegato, che “non significa banalmente acquistare armamenti”.
Pietro Lorefice, segretario della Presidenza del Senato e capogruppo M5S in Commissione politiche Ue, che ne pensa? le parole mutano la sostanza del discorso?
“La strategia di Giorgia Meloni è come di consueto patetica e totalmente prevedibile. Ha ribadito il disperato tentativo di far passare per ‘sicurezza’ un piano di oggettivo e incontestabile ‘riarmo’. Si chiama ReArm Eu perché prevede un acquisto massiccio di armi scaricando debito sulle spalle dei cittadini italiani ed europei, con acquisti autonomi, ciascun Paese per sé, senza il benché minimo coordinamento a monte. Non è un piano di difesa comune né di sicurezza comune, ma una strategia chiara per ingrassare la lobby delle armi che può ‘fregiarsi’ dell’apporto di lobbisti di primo piano come la von der Leyen, già ministra della difesa tedesca per 6 anni, e il nostro ministro Crosetto, già presidente dell’Aiad, l’associazione che raggruppa i principali produttori di equipaggiamento bellico”.
In secondo luogo Meloni ha spiegato che non si tratta banalmente di acquistare nuovi armamenti, magari da Paesi stranieri, quanto semmai di produrli, rafforzando la competitività e sostenendo gli investimenti delle nostre aziende e del nostro tessuto produttivo. Anche qui cambia la sostanza sul fronte della necessità del riarmo?
“Anche qui siamo a un penoso tentativo cosmetico. La stessa von der Leyen e il commissario Dombrovskis, quello che fa da ‘badante’ al commissario Fitto, avevano già detto che oggi i Paesi europei devono riarmarsi velocemente attraverso una domanda pubblica attivata dagli Stati. Il messaggio è chiaro: cari cittadini italiani ed europei, i vostri Governi dovranno emettere nuovo debito, e alla svelta, perché solo così si possono trovare velocemente i soldi per comprare armi. La storia della produzione fatta in casa è una pezza narrativa peggiore del buco. Sappiamo tutti che oggi l’Ue attiva il 65% delle forniture belliche dagli Stati Uniti. E con questo piano ‘full metal jacket’, scoordinato e frammentato, continuerà a essere così, solo che si ha paura di ammetterlo. E Meloni ha pure l’ardire di parlare di coraggio, citando Pericle. Agghiacciante: l’unica cosa che forse ha attratto Meloni, nella citazione, è che Pericle è sempre rappresentato con l’elmo di guerra”.
Dodici punti: sono quelli in cui si articola la risoluzione della maggioranza. Il testo si attiene strettamente ai temi del vertice e non tratta del piano ‘ReArm Europe’. Per trovare l’accordo hanno evitato di nominare il riarmo.
“Beh, stanno facendo una magra figura. Al loro interno sono totalmente spaccati, con la Lega che con i ministri Salvini e Giorgetti prende posizioni opposte al ReArm Eu, che però in Europa approvano”.
Ma se poi giovedì Meloni darà il via libera al piano di Ursula von der Leyen, la Lega vorrà dire che avrà votato ieri una risoluzione che garantiva appunto quel via libera?
“La Lega fa un giochino intriso di ipocrisia per provare a raccattare qualche voto in più. Salvini del resto ci ha già abituato a sparate muscolari, poi sostituite da flebili pigolii: è successo con l’annuncio della tassazione sugli extraprofitti bancari, poi subito ritirata al primo colpetto di tosse delle banche. Succederà anche adesso. Giorgetti, se possibile, porta responsabilità ancora più grandi, perché fa finta di infastidirsi di fronte a un maggior debito per armi e di fronte allo scorporo dei relativi investimenti dal Patto di stabilità, quando lui stesso si è fatto rifilare quel Patto di stabilità dalla Germania senza battere ciglio e fa parte di un Governo che ha accettato il ReArm Eu. E ora ci viene a dire che non si può fare debito per armi tenendo fuori sanità e istruzione. Perché non ci ha pensato a fine 2023, quando si è genuflesso alla nuova e folle governance economica europea?”.
“Lascio, quindi, volentieri ad altri, in quest’Aula e fuori, questa grossolana semplificazione, secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi: la scuola, l’infrastruttura, la sanità o il welfare”, ha detto Meloni. È credibile?
“Guardi, voglio commentare il passaggio come se non esistesse il ReArm Eu. I tagli alle suddette voci sono già stati inflitti agli italiani nelle tre Leggi di bilancio finora approvate. E poi se ci si batte in Europa per avere lo scorporo dal Patto dei soli investimenti in difesa, mi pare chiaro che il resto rimanga fuori, con la complicità del Governo che a quel punto non ha più alcun titolo per recriminare”.
Cosa chiede la vostra risoluzione?
“Chiediamo lo smantellamento del ReArm Eu affinché venga sostituito con un Piano europeo di rilancio industriale, nella scia dell’idea lanciata dal Governatore di Bankitalia, Panetta, che ha avuto il coraggio di dire che gli investimenti in armi non fanno crescere l’economia, che invece si basa su investimenti produttivi in innovazione e tecnologia. Chiediamo lo stop all’ulteriore invio di armi all’Ucraina e lo stop a qualsiasi idea di utilizzo dei soldati italiani. Chiediamo una vera difesa comune europea basata sulla semplificazione delle piattaforme di fornitura, sulla sinergia tra Paesi e sull’ottimizzazione delle già ingenti risorse oggi spese dall’Ue. Infine chiediamo la riscrittura del folle Patto di stabilità, forse l’errore politico più tragico della Meloni, che per l’Italia ancora oggi significa 12-13 miliardi di tagli l’anno e una prospettiva drammatica per gli investimenti e lo sviluppo dell’economia”.