Meloni non convince i sindacati: Cgil e Uil confermano lo sciopero

Vertice di sei ore a Palazzo Chigi sulla Manovra. Bombardieri e Landini: nessun passo in avanti. E confermano lo sciopero

Meloni non convince i sindacati: Cgil e Uil confermano lo sciopero

Quasi sei ore di incontro, presieduto dalla premier Giorgia Meloni, non sono state sufficienti a convincere Cgil e Uil a mettere via l’arma più affilata in possesso dei sindacati, ovvero lo sciopero generale contro la Manovra che i due sindacati hanno proclamato per il 29 novembre.

“Anche se ha dato una disponibilità a parlare e a discutere, sostanzialmente il Governo ha confermato le decisioni assunte e non c’è da parte sua una disponibilità per esempio a ragionare sul fisco e noi insistiamo” perché “il tema di questo Paese sono i salari, la perdita di potere d’acquisto”, ha affermato il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, aggiungendo che comunque il sindacato resta aperto al dialogo.

“Se il Governo decide di fare, di cambiare delle scelte e ci convoca domani, noi non ci sottraiamo mai né al confronto né a una discussione, però mi pare che oggi si siano specchiate due visioni diverse di una Manovra e pur con qualche disponibilità non mi pare che sia da parte del Governo la disponibilità a cambiare le scelte che, ripeto, non riguardano la filosofia, riguardano i salari, la sanità, le pensioni, cose molto pratiche, molto terrene”.

Ed ecco il leader Cgil, Maurizio Landini: “Il governo ha riconfermato che quello che ha presentato in Parlamento è la Manovra, che i margini sono quelli, che gli spazi possibili di modifica sono limitati” e “noi confermiamo il nostro giudizio di una pessima legge di Bilancio e che non affronta e non dà un futuro al nostro Paese”.

“Le uniche entrate che vengono confermate, l’unica spesa che viene aumentata è quella per armi e quella per la difesa. Addirittura dicendo che si batteranno in Europa per chiedere lo scomputo di questa spesa dal patto di stabilità. E perché allora non lo chiediamo per la sanità? E allora perché non lo chiediamo anche per la scuola? Perché non lo chiediamo per gli investimenti, per le politiche industriali?”, ha domandato Landini.

Il botta e risposta tra Landini e Meloni. E il caso dei regali

Il leader della Cgil giorni fa aveva detto che è arrivato il momento di una vera rivolta sociale. E alla premier ha regalato il libro di Albert Camus “L’uomo in rivolta”. Pronta la replica di Meloni.

“Il ministro Giorgetti sarà più puntuale di me, ma io ci tengo a dire che la solidità, la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio. Quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, nessuno invocava la rivolta sociale”.

Peccato che alle banche Meloni abbia chiesto semplicemente un anticipo di imposte che avrebbero comunque dovuto pagare.

Bombardieri, dopo il caso dei calcoli sbagliati sulla sanità, ha regalato alla premier una calcolatrice. Meloni per tutta risposta ha ritirato fuori la solfa degli stanziamenti record in sanità laddove se si guarda alla spesa sanitaria in rapporto al Pil, la quota del Prodotto interno lordo destinata alla sanità scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, fino ad arrivare al 5,7% nel 2029.

La premier ha pure avuto il coraggio di sostenere che le pensioni minime saranno rivalutate oltre il livello di inflazione indicato dall’Istat. Omette di dire che sono però appena tre euro in più al mese.

La solita manfrina contro il Superbonus di Meloni

E poi come di consueto ha dato la colpa al superbonus. “Dopo aver straparlato di mancata rivolta sindacale contro chi aiutava le banche è ripartita la balla dei costi ereditati con il Superbonus 110%, peraltro malgestito dal suo ministro Giorgetti per quasi l’intera durata della norma, senza ricordare l’enorme gettito fiscale generato per lo Stato, oltre al gran numero di posti di lavoro e la crescita del Pil”, dice l’europarlamentare M5S, Gaetano Pedullà.

Sono circa 4.500 gli emendamenti alla Manovra. Dei circa 1.200 provenienti dai gruppi di maggioranza quasi mille vengono da FI e Lega. Nel dettaglio: 501 provengono da FI, 428 dalla Lega, 190 sono di Fratelli d’Italia e 142 vengono da Noi Moderati.