Una cosa è certa: non basterà aspettare la prossima legge di Bilancio per giudicare l’esecutivo su cosa faccia (e come lo faccia) in tempo di finanziaria. Già, perché la Manovra attualmente in corso – quella del 2023, approvata a fine 2022 – è in pratica un mezzo disastro. Non fosse altro che per i tanti (troppi) decreti attuativi che mancano all’appello.
A decretare il numero è Palazzo Chigi stesso e, più precisamente, l’Ufficio per il programma del governo che oggi fa capo a un fedelissimo di Giorgia Meloni come Giovanbattista Fazzolari. Passando ai numeri: ad oggi non sono stati ancora approvati 57 provvedimenti attuativi. Non è una questione di lana caprina: parliamo degli atti di secondo livello come regolamenti e decreti ministeriali che spesso servono a dare operatività alle norme, definendo i contenuti di dettaglio delle misure messe in campo.
La Manovra attualmente in corso – quella approvata a fine 2022 – è in pratica un mezzo disastro. Non fosse altro che per i tanti (troppi) decreti attuativi che mancano all’appello
In altre parole, dopo il lavoro del Parlamento, l’implementazione di una legge passa nelle mani di ministeri e agenzie pubbliche. Un secondo tempo spesso ignorato ma che lascia molte norme incomplete. È come se la legge, senza i provvedimenti attuativi, esistesse solo sulla carta ma non nella pratica.
Tra i provvedimenti mai adottati la ripartizione del Fondo per il Made in Italy
A questo punto la domanda inevitabile: di quali leggi parliamo? Tra le tante nome ad oggi esistenti solo su carta troviamo, ad esempio, la “Definizione dei settori di intervento ammissibili al finanziamento del Fondo per le politiche industriali di sostegno alle filiere produttive del Made in Italy, nonché modalità di riparto delle relative risorse”, di cui dovrebbe occuparsi proprio il ministro del Made in Italy Adolfo Urso. Tutto fermo, invece. Con relativo fondo di 100 milioni di euro da spalmare in due anni.
Fermo ai box, mentre il caro bollette impazza, anche i “Termini e modalità di finanziamento delle misure atte a mitigare l’impatto della maggiorazione dei prezzi dell’energia elettrica a sostegno dei clienti finali”. In attesa che il ministro Gilberto Pichetto Fratin provveda. Ma non risultano adottate anche le “procedure di pianificazione e programmazione per la realizzazione delle infrastrutture del Paese”. Altro che Ponte sullo Stretto, insomma. Ma non è finita qui.
Manca il provvedimento attuativo per assicurare le professionalità necessarie alla ricostruzione post-sisma
Altre decine e decine di milioni di euro erano stati stanziati per la ricostruzione delle zone terremotate. Peccato però che manca il provvedimento attuativo relativo al “riparto del fondo istituto per assicurare le professionalità necessarie alla ricostruzione dopo gli eventi sismici”. Sarà per la prossia volta. Addirittura il governo Meloni aveva stanziato ben dieci milioni di euro “per lo sviluppo di ciclovie urbane intermodali”. Sono stati assegnati? Niente affatto. Mancano “termini e modalità di erogazione delle risorse del Fondo”. Pace.
Al palo anche i contributi per la tratta M4 di Milano
E così anche per la “erogazione dei contributi per la realizzazione della tratta M4 del comune di Milano”, o ancora per l’utilizzo “del fondo per garantire efficaci collegamenti aerei con le isole della Sicilia e della Sardegna”, o per il milione destinato “al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico”: manca il decreto per la “ripartizione delle somme”.
Si potrebbe continuare all’infinito, ma la musica non cambierebbe di una sola virgola. Non che ovviamente la responsabilità sia solo del governo Meloni, ci mancherebbe. La Manovra è frutto del Def approvato dal governo allora presieduto da Mario Draghi. E, bisogna dirlo, parte delle colpe sono da condividere anche con SuperMario.