Il giorno dopo il blitz del governo che ha, di fatto, con lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito decretato la fine del Superbonus non si contano le dichiarazioni sdegnate delle associazioni di categoria, dei sindacati e di buona parte delle forze politiche di opposizione (si sfila solo il Terzo Polo con Carlo Calenda che benedice l’operazione del duo Giorgetti-Meloni).
I sindacati pronti a scendere in piazza contro il decreto Superbonus che rischia di lasciare a terra migliaia di aziende e lavoratori
Chi più di tutti non riesce a contenere lo sdegno è forse il Movimento Cinque Stelle, padre di quella misura che ha messo le ali al Pil, creando 900mila posti di lavoro con benefici evidenti sul gettito fiscale e sulla strada della transizione green.
Conte: “Passerà alla storia come il decreto vergogna”
Se il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ritiene che quella misura sia frutto di “una politica scellerata”, il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, dice che di scellerato c’è solo il decreto approvato giovedì che tarpa le ali al 110%. “Passerà alla storia come il decreto vergogna”, dice. E ricorda che tutti i leader, da Giorgia Meloni a Matteo Salvini e a tutta Forza Italia, avevano assunto impegni precisi per sostenere il Superbonus e adesso “hanno aspettato che si votasse alle elezioni regionali e poi, il giorno dopo, volgono le spalle a famiglie e imprese”. Se c’è qualcosa che si può definire “scellerata” è “la loro decisione di venir meno a impegni che hanno preso nella campagna elettorale”.
Conte pubblica un tweet di Meloni del 17 settembre 2022 (una settimana prima del voto delle politiche) in cui la leader di FdI scriveva: “Pronti a tutelare i diritti del Superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie. Sempre dalla parte delle imprese e dei cittadini onesti che si danno da fare per far crescere e migliorare l’Italia”. Ma non si contano le dichiarazioni spese, in tempi non lontani, in favore della misura da parte di Salvini e degli azzurri che oggi, salvo qualcuno in Forza Italia che imbarazzato reclama un confronto, tacciono.
I lavoratori edili della Cgil temono la perdita di 100mila posti di lavoro
Chi non tace e promette battaglia sono i sindacati e le imprese. I lavoratori edili della Cgil temono la perdita di 100mila posti di lavoro e annunciano di essere pronti alla piazza contro la decisione dell’esecutivo. Le associazioni imprenditoriali, grandi e piccole, temono fallimenti a catena: chi parla di 25mila aziende a rischio, chi di 40mila. Con una retromarcia degna della sua leader nonché premier, Fratelli d’Italia difende la scelta del governo: “Si doveva intervenire per arginare una situazione abnorme con 110 miliardi per il Superbonus che gravavano sulle casse dello Stato”, spiega il viceministro all’Economia, Maurizio Leo.
Le associazioni di categoria interessate saranno convocate per lunedì pomeriggio. “Occorre che vengano individuate soluzioni strutturali alla crisi di liquidità delle imprese”, dice Confcommercio. Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, calcola in 47.000 i posti a rischio. Mentre per il presidente di Confapi Aniem, Rocco Di Giuseppe ci saranno “impatti potenzialmente devastanti”. Polemiche anche le associazioni ambientaliste: “Con questa incomprensibile decisione – commenta Stefano Ciafani di Legambiente – il Governo Meloni stronca definitivamente l’unica politica di intervento per la riqualificazione del patrimonio edilizio”.
Se le imprese sono sul piede di guerra le banche promuovono il meccanismo introdotto che consentirebbe, a loro dire, di avviare lo sblocco dei crediti passati. Non solo il M5S protesta, anche il Pd denuncia: “Vietare agli enti locali e alle altre Pa di acquistare i crediti incagliati vuol dire condannare alla chiusura decine di migliaia di imprese, fermare almeno 100 mila cantieri, mandare sul lastrico migliaia di famiglie”.