Meloni frena sul 2% per la Difesa. Ma la corsa al riarmo è ripartita

La premier vuole l’aiuto Ue per le spese per la Difesa. Per Draghi si può senza. I 5S: investimenti militari già ora a discapito del welfare.

Meloni frena sul 2% per la Difesa. Ma la corsa al riarmo è ripartita

Piatto forte del Consiglio europeo informale di Budapest era il report di Mario Draghi sull’Europa e le ricette per riacquistare competitività e centralità. Presente la premier Giorgia Meloni, che con il suo predecessore condivide la necessità di debito comune. Ma anche ieri il discorso, che la vittoria di Donald Trump rende più che mai attuale ed urgente, si è concentrato sull’aumento delle spese per la Difesa.

Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha anticipato le richieste di Trump, proprio il giorno prima, indicando come poco ambizioso l’obiettivo del 2% delle spese per la Difesa. Il tema è un nervo scoperto per l’Italia e il motivo è presto detto dal momento che il nostro è uno dei pochi Paesi Nato a non centrare neanche l’obiettivo del 2%.

Per Guido Crosetto centrarlo è un chiodo fisso. Finora la situazione di cassa dell’Italia non ha consentito di raggiungere l’obiettivo. E al momento almeno a sentire il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, la questione è rimasta immutata e il target rimane troppo ambizioso.

L’ideale sarebbe, ha detto Crosetto e si è accodato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, rendere possibile l’esclusione delle spese militari dal Patto di stabilità. Lo pensa anche Meloni che rimane convinta della bontà dell’aumento degli investimenti per la Difesa ma purché in questo sforzo finanziario, che l’Italia è chiamata a sostenere, ci sia l’aiuto dell’Europa e purché i costi non ricadano sui cittadini.

La finta frenata di Meloni sulla spesa per la difesa

“Io sono assolutamente convinta che l’Europa, e quindi anche l’Italia, debbano riuscire a garantire una loro maggiore indipendenza, una maggiore autonomia, anche investendo di più in difesa ma chiaramente servono gli strumenti per poterlo fare. Ci sono nel nuovo patto di stabilità delle aperture ma secondo me va fatto molto di più. L’unica cosa che io non sono disposta a fare, ovviamente, è prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori. Noi spendiamo le risorse su priorità che sono reali”, ha detto la premier.

E ancora. “Partendo, come sapete, dalla proposta del piano presentato da Mario Draghi, un altro italiano che è stato incaricato di individuare le priorità per i prossimi anni dell’Ue, ci sono molte sfide. Io sono assolutamente convinta che l’Europa e quindi anche l’Italia debbano riuscire a garantire una maggiore indipendenza a loro stessi, anche investendo di più nella difesa. Chiaramente servono gli strumenti per poterlo fare”.

Difesa, anche Draghi si mette l’elemetto. Il M5S: Meloni mente

Per Draghi invece “è possibile” spendere il 2% del Pil per la difesa già ora, rispettando il Patto di stabilità.

“Con che coraggio Meloni dichiara che le spese per la difesa vanno aumentate senza che siano i cittadini a rimetterci perché il suo governo i soldi li spende per ‘priorità reali’? Priorità reali come la sanità che viene definanziata al suo minimo storico? O come tutti i servizi pubblici degli enti locali che verranno tagliati per mancanza di fondi statali? Tagli per miliardi su tutto in manovra tranne che sulla spesa in nuovi armamenti per cui il governo ha invece messo sul piatto la bellezza di 7,5 miliardi in più per il prossimo triennio”, dichiarano i parlamentari M5S delle Commissioni Difesa di Camera e Senato: la vicepresidente del gruppo M5S Camera Vittoria Baldino, i capigruppo Difesa Senato e Camera Bruno Marton e Marco Pellegrini, il deputato Arnaldo Lomuti e il senatore Ettore Licheri.

La premier ha anche ribadito, nonostante Trump, che “finché c’è una guerra l’Italia sarà al fianco dell’Ucraina”, anche se ha aggiunto “vedremo come evolve lo scenario nelle prossime settimane”.

Meloni insiste a difendere il decreto legge sui Paesi sicuri

Meloni è poi ritornata sull’altro chiodo fisso: i migranti. Se Viktor Orbán ha attaccato i giudici che rovesciano le decisioni dei governi, la premier sostiene di avere trovato “solidarietà”, a Budapest, da alcuni colleghi europei, di cui non indica il nome.

Parla solo di “preoccupazione”, tra i leader, perché “secondo alcuni i governi non sono nella condizione di poter definire cosa sia un Paese sicuro. Leggendo alcune sentenze si rischia di trovarsi di fronte a una realtà nella quale non esistono Paesi sicuri. Di fatto compromette ogni possibilità di fermare l’immigrazione illegale di massa e quindi questa è una parte del dibattito sul quale trovo molta solidarietà”.

Per commentare le conseguenze del voto negli Usa ha invece detto: “A me pare che l’Europa debba trovare una quadra e prendere le misure di sé stessa. Sembra che scopriamo dei dibattiti oggi, penso al tema della competitività, dei dazi. Se volessimo dirlo con una battuta che ricorda appunto i presidenti americani, non chiederti cosa gli Stati Uniti possano fare per te, chiediti cosa l’Europa debba fare per sé stessa”.