Dopo la cura Cartabia, per la Giustizia si preannuncia una stagione calda. A far capire quale sarà l’andazzo è Marcello Pera, candidato di Fratelli d’Italia, secondo cui con le destre al potere verranno realizzati tutti i sogni di Berlusconi e Craxi in fatto di Giustizia. Dottor Eugenio Albamonte, cosa dobbiamo aspettarci?
“Stando ai proclami di Nordio, della Bongiorno e, in ultimo, questo di Pera, non c’è da aspettarsi nulla di buono. Non lo dico dal punto di vista dei magistrati ma da quello dei cittadini perché l’idea che mi sembra uscire fuori da questo susseguirsi di dichiarazioni è quella di una giustizia debole coi forti e forte con i deboli. Un’idea di giustizia che mette insieme il populismo della Meloni e della Bongiorno che chiedono la severità di pene soltanto per alcuni reati di strada e per quelli commessi da soggetti marginali o dagli extracomunitari. Intendiamoci si tratta di crimini odiosi ma non sono gli unici che dobbiamo contrastare e che abbiamo nel nostro Paese. La cosa più preoccupante è che tutte le misure fin qui annunciate dal Centrodestra, a vario titolo e in vario modo, mi pare tendano a indebolire l’azione della magistratura nel contrasto alla criminalità economica e della Pubblica amministrazione”.
Nei piani di Pera c’è l’inappellabilità delle sentenze, definita “una questione di civiltà”. È d’accordo?
“Vorrei ricordare a tutti che questa riforma fu già fatta da un governo di Centrodestra e fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Una decisione basata sul presupposto dell’articolo 111 della nostra Carta in cui si afferma il principio della parità processuale tra le parti. Questo significa che l’accusa e la difesa devono avere gli stessi poteri e per questo non corrisponde a Costituzione una legge che introduca la possibilità che possa fare appello soltanto l’imputato e non l’accusa. Il problema è che chi sostiene simili argomenti lo fa senza sapere che sono stati introdotti una serie di correttivi. Oggi, differentemente da quanto dicono molti politici che sostengono questi argomenti disinformando l’opinione pubblica, il giudice d’appello può modificare una condanna o una sentenza di assoluzione soltanto se riassume le prove già assunte in primo grado. È completamente falso sostenere, come fanno troppi politici, che un giudice di appello può cambiare una sentenza assolutoria semplicemente leggendo gli atti del processo. Non funziona così”.
Tanto Berlusconi quanto Salvini tornano a chiedere la responsabilità civile diretta dei giudici, una stretta sulla custodia cautelare e il ritorno della ex Cirielli. Tutti temi affrontati nei referendum e respinti dagli italiani…
“A me sembra che alcune forze politiche, ormai da troppi anni, stanno facendo un uso strumentale dei referendum per chiamare a raccolta gli elettori, spesso su temi fin troppo tecnici, o per sollevare campagne di opinione. Poi se il referendum passa allora viene giustamente tradotto in legge, nel caso contrario si fa finta di niente e gli stessi temi vengono riproposti all’infinito. Insomma per la politica i referendum funzionano a senso unico ma così facendo toglieranno definitivamente qualsiasi interesse dell’opinione pubblica verso uno strumento di democrazia diretta di vitale importanza”.
Con Cartabia è stato introdotto un bavaglio all’informazione giudiziaria. Una norma avversata da M5S e Pd, perché lede il diritto all’informazione, ma sostenuta dalle destre in quanto tutela la privacy delle persone coinvolte. Chi ha ragione?
“Qui c’è un cortocircuito evidente. In primo luogo è sicuramente giusto evitare processi mediatici che, prima ancora del processo, diano una chiave di lettura definitiva sul caso all’opinione pubblica. Ma non si può pensare di farlo eliminando l’informazione che, è bene ricordarlo, è un diritto. Il secondo effetto di questa legge è che si è venuta a creare un’asimmetria in quanto dei vari protagonisti di un processo, c’è uno che non può parlare – l’accusa -, mentre tutti gli altri – tra cui imputati e difensori – possono farlo. È assurdo perché tutto ciò porta al rischio che quest’ultimi, essendo gli unici legittimati a raccontare la propria versione, convincano l’opinione pubblica della loro innocenza in un processo mediatico ribaltato”.
Il Pd punta a confermare l’impianto delle riforme Cartabia. È la strada giusta?
“Su numerosi passaggi della riforma Cartabia ho espresso la mia perplessità quindi non credo che questa sia la strada migliore. Tanto per fare qualche esempio le voglio citare l’improcedibilità, la quale è una tagliola che chiude il processo e che ha un effetto più brutale della prescrizione, che è un abominio da eliminare. Per non parlare di questo eccessivo ricorso allo strumento disciplinare nei confronti dei magistrati che rischia di produrre forti condizionamenti nelle loro decisioni. Poi c’è l’idea di una giustizia molto burocratica e orientata a smaltire l’arretrato, per giunta a parità di organico, che rientra all’interno delle tante storture della riforma Cartabia che dovrebbero essere cambiate”.
Di lotta alla mafia si parla poco e niente nei programmi dei partiti. Il Movimento 5 Stelle dedica all’argomento un capitolo, il Pd poche frasi mentre il Centrodestra si limita a una riga striminzita. Chi fa ancora peggio è il Terzo polo che non cita mai la parola “mafia” nel programma. Come mai c’è così poca attenzione?
“Trovo preoccupante che il tema sia preso tanto sotto gamba. C’è da sottolineare che la politica avrebbe dovuto approfondire molto nei propri programmi il tema delle interferenze tra la criminalità organizzata, la pubblica amministrazione, l’imprenditoria e la politica stessa. E invece preferiscono ignorare l’argomento. La cosa peggiore è che così facendo lasciano il contrasto alle mafie nelle mani della magistratura, la stessa che stanno depotenziando se non smantellando in ogni modo”.