di Angelo Perfetti
Napolitano l’ha chiamata ”agitazione distruttiva”. E’ quella che secondo lui si è sollevata contro l’euro e l’Unione europea. Vale poco o nulla il fatto che mezza Europa sia sull’orlo del fallimento, che le casse degli Stati (in particolare quelle italiane) siano rimpinguate da quel ceto medio che a forza di mettere mano al portafoglio è ormai sparito, aumentando il divario tra i ricchi e i poveri; contano poco anche tutte le analisi che raccontano di imprese che chiudono, disoccupazione record. Meglio pensare positivo, magari sulla scia di quanto ha dichiarato Letta, e cioè che siamo fuori dalla crisi. Non per difenderlo, ma l’avesse fatto Berlusconi avrebbero chiesto l’internamento coatto. Ma tant’è.
E così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo al Parlamento europeo a Strasburgo, si è scagliato contro le forze antieuropee ed euroscettiche che si stanno rafforzando in tutta la Ue. ”Si’ – ha continuato Napolitano – puramente distruttiva, anche se in nome di un’immaginaria ‘altra Europa’ da far nascere sulle rovine di quella che abbiamo conosciuto”. “Manca oggi la ‘vista lunga’ a troppi leader europei, per insufficiente consapevolezza del declino che minaccia l’Europa. Finora – ha detto Napolitano – in un continente così interconnesso come il nostro, la politica è rimasta nazionale, con i suoi fatali limiti e con le sue vistose degenerazioni”.
Poi ha cercato l’applauso. E l’ha trovato. Standing ovation per il presidente alla fine del discorso; i parlamentari, in piedi, applaudono a lungo, mentre dal gruppo della Lega Nord non rinunciano a mostrare i manifesti contro l’euro. Cosa è che ha infiammato gli animi? La dichiarazione contro l’austerità, che a ben guardare rinnega anche l’esperienza Monti (che però nel frattempo è diventato Senatore a vita, a spese della collettività) voluta proprio da Napolitano. “Si ritiene che non regga più una politica di austerità a ogni costo che è stata finora la risposta prevalente alla crisi dei debiti” e ha invitato a non dare un’interpretazione rigida dei parametri europei, auspicando che siano consentiti “investimenti pubblici” su progetti nazionali e internazionali.