Un copione già visto. Una replica di quanto successo con le banche. Alla fine il governo guidato da Giorgia Meloni cede sempre ai poteri forti: che siano gli istituti bancari o le grandi società energetiche. L’ultimo passo indietro dell’esecutivo riguarda le tasse sugli extraprofitti delle società energetiche per il 2023.
L’ultimo passo indietro dell’esecutivo Meloni riguarda le tasse sugli extraprofitti delle società energetiche per il 2023
Il decreto Anticipi ha introdotto quello che di fatto è uno sconto da almeno 450 milioni di euro per le grandi compagnie energetiche. E secondo alcune relazioni parlamentari è possibile che questa cifra sia molto più alta, avvicinandosi addirittura a un miliardo di euro che le aziende non dovranno più pagare.
In fondo nulla di troppo diverso da quanto successo con la tassa sugli extraprofitti delle banche: prima è stata introdotta e poi si è deciso, su pressione degli stessi istituti e persino di parte della maggioranza, di tornare indietro. Consentendo così alle banche di scegliere se versare la tassa o accantonare come riserva non distribuibile un importo maggiorato di 2,5 volte l’imposta, rafforzando in questo modo il proprio patrimonio. Non può stupire che, in quel caso, gli istituti abbiano deciso tutti di rafforzare il patrimonio e di non versare neanche un euro nelle casse dello Stato.
Dopo le banche sconto anche per le aziende energetiche
Il meccanismo, come detto, è lo stesso. Così la tassa sull’extragettito delle aziende energetiche prevista dalla legge di Bilancio 2023, che viene applicata su un’aliquota del 50% degli utili oltre la media degli stessi utili nei bilanci degli ultimi cinque anni, viene in gran parte rimangiata. Con il decreto Anticipi si consente alle compagnie di non versare l’ultima tranche dell’imposta: non dovranno pagare nulla subito. Semplicemente viene chiesto alle aziende di dare un contributo di solidarietà, di pari importo, nel 2024. Si rimanda tutto di un anno, quindi.
Ma sembra più un auspicio che una certezza, non venendo stabiliti né tempi né modi. Nessuna scadenza, dunque, e la tassa sugli extraprofitti potrebbe non essere versata mai. Perché il contributo che viene chiesto per il 2024 alla fine è solo un tentativo di avere qualcosa in cambio di questo bel regalo natalizio. Intanto, unica cosa certa, per i bilanci del 2023 delle compagnie c’è un beneficio certo, da 450 milioni di euro.
Per gli utili registrati a bilancio prima del 2022 la scadenza dell’ultima tranche era fissata al 30 novembre del 2023. E quello che fa la nuova norma del decreto Anticipi è cancellare la scadenza. Quindi le compagnie che ancora non hanno pagato non dovranno pagare. Mentre chi ha versato rischia di non vedersi restituire la cifra data, anche se parliamo di una piccola minoranza. La maggioranza, quindi, si piega ancora una volta a quelli che qualcuno definisce come i poteri forti. Che siano banche o grandi aziende energetiche.
In ginocchio dai poteri forti
Tra l’altro, viene sottolineato da Angelo Bonelli dei Verdi, è possibile che la cifra scontata dal governo sia ben più alta di quella preventivata: una relazione tecnica degli uffici parlamentari riporta che “la base imponibile ai fini del calcolo del gettito si riduce di 1,6 miliardi e quindi lo sconto arriverebbe a 800 milioni”.
Al di là della cifra, il regalo per le aziende è evidente, tanto che per il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, si tratta di un “inchino alle lobby”. L’esponente pentastellato sottolinea come il governo abbia respinto l’emendamento “sulla tassazione del settore bancario, rimangiandosi mesi di proclami”, decidendo di apparecchiare “la tavola per un maxi-sconto sulla tassa prevista per gli extraprofitti dei colossi dell’energia, i cui utili complessivi hanno toccato quota 70 miliardi nel biennio 2021-2023”.