Con i negoziati di pace al Cairo in stallo, le prospettive di pace nella Striscia di Gaza sono più lontane che mai e il Medio Oriente è a un passo dall’esplodere. Infatti, malgrado gli appelli alla calma da parte degli Stati Uniti, tra continui attacchi di Hezbollah e le inevitabili risposte dell’esercito dello Stato ebraico, la situazione al confine con il Libano è a un passo dal precipitare.
A lasciarlo intendere è il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Israel Katz, che ha detto: “Israele non può permettere che l’organizzazione terroristica Hezbollah continui ad attaccare il suo territorio e i suoi cittadini, e presto prenderemo le decisioni necessarie. Il mondo libero deve sostenere incondizionatamente Israele nella sua guerra contro l’asse del male guidato dall’Iran e dall’Islam estremista. La nostra guerra è anche la vostra guerra, e la minaccia di Nasrallah a Cipro è solo l’inizio. Il male deve essere sconfitto, come la storia ha dimostrato in passato”. Parole che lasciano ben poco spazio all’interpretazione, tanto più che arrivano poco dopo un primo attacco condotto dall’esercito israeliano nel sud del Libano.
Medio Oriente, Israele prepara l’offensiva contro Hezbollah in Libano
Un aumento della tensione che va avanti da settimane e che sta tenendo in forte apprensione l’intera area e soprattutto gli Stati Uniti di Joe Biden, che stanno facendo di tutto per scongiurare un’escalation. Il timore degli USA, come fanno sapere alcuni funzionari statunitensi alla CNN, è che nel caso di una vera e propria guerra con Hezbollah, il gruppo militante sostenuto dall’Iran di Ali Khamenei potrebbe dare filo da torcere a Israele, addirittura riuscendo a sopraffare le difese aeree israeliane nel nord, compreso il famigerato scudo chiamato Iron Dome. Proprio per questo e su consiglio dell’amministrazione Biden, il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha già dato il via a un massiccio spostamento di forze dal sud di Gaza al nord di Israele.
Che la situazione stia precipitando lo si capisce anche da quanto riferito al quotidiano kuwaitiano Al-Jarida da alti generali dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, che hanno raccontato dei preparativi di guerra di Tel Aviv e anche di un presunto, quanto strampalato e poco credibile, piano di assassinio del capo del movimento sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah, che sarebbe stato “ordinato dal primo ministro israeliano Netanyahu, qualora si presentasse l’opportunità di farlo”. Un attentato che, sempre secondo Al-Jarida, al momento è stato scongiurato perché “i servizi di sicurezza israeliani non sono riusciti finora a trovare Nasrallah”, con quest’ultimo che fin qui “è sfuggito ai tentativi di individuarlo” soltanto per il rotto della cuffia.
Il piano di Netanyahu per la pace in Medio Oriente
Ma in queste ore a tenere banco sono anche le parole sul futuro di Gaza, dove, secondo i piani di Netanyahu, bisognerà istituire “un’amministrazione civile per gestire non solo la distribuzione degli aiuti umanitari ma anche l’amministrazione civile. Ciò deve essere fatto e penso sia giusto farlo, con la cooperazione e la sponsorizzazione inter-araba e l’assistenza dei Paesi arabi”. Quel che è certo è che la musica a Gaza deve cambiare, sempre secondo quanto riferito dal primo ministro di Israele al sito USA Punchbowl, perché “dovremo procedere a una smilitarizzazione dell’area, cosa che può essere fatta solo da Israele, contro qualsiasi tentativo terroristico di ripresa”.
Proprio per evitare la rinascita di movimenti terroristici simili ad Hamas, il leader di Tel Aviv ha fatto sapere di ritenere necessaria “una sorta di processo di deradicalizzazione” della Striscia, al fine di insegnare ai palestinesi “un futuro diverso da quello di annientare Israele e uccidere ogni ebreo sul pianeta”. Quando sarà possibile riuscire a far affermare la pace, resta però un mistero. Infatti, al momento l’unica certezza è che continuano le operazioni dell’esercito israeliano nel centro e nel sud della Striscia di Gaza, con l’esercito che ha fatto sapere di aver distrutto “una base di lancio posizionata dalla Jihad islamica all’interno di un rifugio nell’area umanitaria di Khan Yunis” e che operazioni analoghe verranno riproposte anche a Rafah, dove Hamas continua a occultare le proprie forze.