Dopo oltre nove mesi di combattimenti cruenti nella Striscia di Gaza, il Medio Oriente torna a infiammarsi in modo forse irrimediabile. A causare la probabile escalation è stato un missile, lanciato da Israele, che ha colpito in pieno un hotel a Teheran, causando la morte del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, che soltanto poche ore prima aveva assistito nella capitale dell’Iran alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Masoud Pezeshkian.
Che si tratti di un colpo mortale alle speranze di pace, lo si capisce dal fatto che Haniyeh, per quanto sia un personaggio più che discutibile, è proprio colui che trattava, attraverso una delegazione palestinese, la fine delle ostilità con Israele. Ma non è tutto. Questo attacco, a riprova del fatto che Israele non sembra intenzionato a chiudere il conflitto prima di aver raggiunto tutti gli obiettivi che si è prefissato, avviene quasi ventiquattr’ore dopo l’uccisione – ancora non confermata da fonti libanesi ma data per certa da Tel Aviv – del numero due di Hezbollah, Fouad Shukr, caduto durante il bombardamento di Beirut in Libano.
Se tutto ciò non bastasse per capire quanto sia critica la situazione, c’è da considerare che l’omicidio di Haniyeh è avvenuto nella capitale dell’Iran, con uno smacco a cui la Guida Suprema, Ali Khamenei, dovrà in qualche modo rispondere.
Israele ha ucciso il leader politico di Hamas e ogni prospettiva di pace in Medio Oriente
Secondo quanto riferisce il sito israeliano Ynet, il blitz di Tel Aviv è stato deciso durante un summit notturno tra il premier, Benjamin Netanyahu, e il ministro della Difesa, Yoav Gallant. Può sembrare una situazione normale, ma non lo è. Questo perché, sempre secondo il portale, gli altri ministri del gabinetto di sicurezza non sono stati informati in anticipo dell’attacco a Haniyeh a Teheran.
Quel che è certo è che in appena due giorni, colpendo in Libano e in Iran, Israele ha di fatto rivendicato il diritto a colpire “dove e quando vuole” i propri nemici. Che le cose stiano così lo ha detto lo stesso ministro Gallant affermando che lo Stato ebraico ha “dimostrato che il sangue del nostro popolo ha un prezzo e che non c’è posto fuori dalla portata delle nostre forze per raggiungere questo scopo”.
Il Medio Oriente ribolle
Difficile a questo punto evitare la tanto temuta escalation. Del resto a Teheran, come riporta la TV di Stato, è stata issata “la bandiera rossa della vendetta” sulla cupola della moschea di Jamkaran nella città iraniana di Qom in seguito all’uccisione da parte di Israele del leader di Hamas Haniyeh. Si tratta della bandiera che nel 2020 era stata issata sulla stessa moschea di Qom a seguito della morte del comandante delle Guardie della Rivoluzione, Qassem Soleimani, ucciso in un raid degli USA in Iraq e a cui ha fatto seguito la risposta militare di Teheran.
Che una qualche reazione ci sarà, lo ha detto molto chiaramente Khamenei, secondo cui “il regime sionista criminale e terrorista ha preparato il terreno per una dura punizione” in quanto “consideriamo la vendetta e la ricerca del sangue di Haniyeh, che è stato ucciso nel territorio dell’Iran, come un nostro dovere”. Quale possa essere la reazione di Teheran lo ha provato a immaginare Firas Maksad, analista presso il Middle East Institute, alla CNN affermando che “l’assassinio di Haniyeh potrebbe cambiare totalmente la dinamica” del conflitto tra le milizie regionali sostenute dall’Iran.
“C’è una grande possibilità che l’omicidio dia vita a una campagna orchestrata a livello regionale che porterà le varie milizie sponsorizzate dall’Iran in Iraq, Yemen, Libano e forse persino la stessa Teheran a una risposta diretta a Israele”, tutte ragioni per le quali Maksad spiega che “con ogni probabilità ci aspettano diversi giorni bui in cui la regione sarà sull’orlo di una guerra totale”.
Reazioni furiose
Timori per un conflitto incontrollato di cui sono ben consci a Tel Aviv. Proprio per questo il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha inviato una lettera a decine di suoi omologhi nel mondo per avvertirli che “sebbene Israele non desideri una guerra su vasta scala, solo l’attuazione della risoluzione ONU sul ritiro della milizia sciita a nord del fiume Litani potrà prevenirla”, altrimenti è chiaro che “chi ci attacca sarà colpito con grande forza”.
Rischi per un’escalation che sono ben chiari anche all’amministrazione USA di Joe Biden che, davanti alle tensioni crescenti, si è affrettata a dichiarare: “Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è ferreo e incrollabile contro tutte le minacce sostenute dall’Iran, tra cui Hezbollah libanese. L’attacco di Hezbollah libanese di questo fine settimana, che ha ucciso 12 bambini e adolescenti che giocavano a calcio, è stato orribile. Israele ha il diritto di difendersi dalle gravi minacce che deve affrontare. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti continuano a lavorare a una soluzione diplomatica per porre fine a questi terribili attacchi e consentire ai cittadini di entrambe le parti di tornare a casa in sicurezza”.
Negoziati che proprio l’uccisione del leader politico di Hamas hanno reso a dir poco difficili. A dirlo è il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, secondo cui “gli omicidi politici e i continui attacchi ai civili a Gaza mentre i colloqui proseguono ci portano a chiederci: come può avere successo la mediazione quando una parte assassina il negoziatore dell’altra parte? La pace ha bisogno di partner seri”.