Medio Oriente, Hezbollah accetta con riserva il piano di pace mediato dagli Usa. Ma Israele frena: “Servono garanzie”

Medio Oriente, Hezbollah accetta con riserva il piano di pace mediato dagli Usa. Ma Israele frena: "Servono garanzie"

Medio Oriente, Hezbollah accetta con riserva il piano di pace mediato dagli Usa. Ma Israele frena: “Servono garanzie”

Da un lato, le bombe, i feroci combattimenti e gli “incidenti” che insanguinano il Medio Oriente; dall’altro, i negoziati di pace, ripresi sotto traccia e non senza colpi di scena. Secondo fonti libanesi, quella appena iniziata sarà “una settimana decisiva” per l’eventuale accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. A Beirut è atteso l’arrivo dell’inviato speciale degli Stati Uniti, Amos Hochstein, dopo che il gruppo filo-iraniano ha inviato la propria risposta al mediatore libanese Nabih Berri, presidente del Parlamento, accettando “con riserva” la proposta di pace formulata dall’amministrazione di Benjamin Netanyahu con il supporto degli Stati Uniti.

Secondo le richieste di Hezbollah, il cessate il fuoco dovrebbe portare alla cessazione delle ostilità con Israele, escludendo però qualsiasi possibilità per Tel Aviv di condurre operazioni militari in Libano. Si tratterebbe di una tregua che, nella visione dei miliziani, potrebbe evolvere in un accordo complessivo per porre fine alla guerra in Libano e anche al conflitto nella Striscia di Gaza. Tuttavia, le speranze di pace sono state subito ridimensionate dall’ex membro del gabinetto di guerra israeliano, Benny Gantz, che ha dichiarato che qualsiasi accordo con il Libano dovrebbe includere “la piena libertà di azione israeliana contro ogni violazione” da parte dei combattenti libanesi. Anche il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha ribadito che l’accordo dovrebbe prevedere il disarmo completo di Hezbollah, impedendo la possibilità di riarmarli con nuovi sistemi di armi.

In Medio Oriente infuria la battaglia

Le trattative sono in corso, ma le distanze tra le parti appaiono ancora siderali. Mentre la diplomazia tenta timidi passi avanti, in Medio Oriente si continua a combattere. La situazione è particolarmente tesa in Libano, dove nelle ultime ore si sono verificati due gravi episodi.

Il primo ha visto la morte di otto paramedici della protezione civile libanese, uccisi in un raid israeliano sulla città di Arab Salim, nel governatorato di Nabatieh, nel sud del Libano. L’attacco è stato condannato dal governo libanese e da alcune Ong, che accusano Israele di “prendere deliberatamente di mira” i soccorritori.

Il secondo episodio ha coinvolto una pattuglia della missione Onu Unifil, composta da peacekeeper francesi e finlandesi, colpita da circa 40 proiettili nel villaggio di Maarakeh. La missione delle Nazioni Unite ha denunciato l’attacco, affermando: “È inaccettabile che le forze di peacekeeping dell’Unifil siano sistematicamente prese di mira. Questo incidente è un duro promemoria della pericolosità della situazione nel sud del Libano. Qualsiasi attacco contro le forze di peacekeeping costituisce una flagrante violazione delle leggi internazionali e della risoluzione 1701”.

Nel frattempo, Hezbollah ha risposto con una raffica di razzi – almeno una trentina – lanciati contro la Galilea occidentale, mentre i ribelli Houthi dello Yemen hanno attaccato una nave commerciale nel Mar Rosso meridionale, senza causare danni o vittime.

La Striscia di Gaza al collasso

Parallelamente, anche nella Striscia di Gaza si continua a combattere e a morire. I caccia israeliani hanno bombardato tende che ospitavano sfollati a Khan Yunis, nel sud della Striscia, causando numerosi morti e feriti. Successivamente, sono stati colpiti “obiettivi terroristici” nel nord della Striscia, vicino a Beit Lahiya, con un attacco che ha provocato almeno 30 morti e decine di dispersi.

Gli attacchi hanno scosso la comunità internazionale. Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha commentato: “Non ci sono più parole per descrivere quello che sta accadendo in Medio Oriente”, sottolineando che “44mila persone sono state uccise a Gaza, di cui il 70% donne e bambini”. Borrell ha invitato i Paesi Ue ad adottare misure per garantire che simili tragedie non si ripetano.