Vantarsi di rappresentare un modello per la sanità quando non si riesce neppure a garantire a tutti i cittadini il diritto ad avere il proprio medico di base. È quello che sta avvenendo ormai da mesi in tutte le province lombarde, con la Regione a guida centrodestra che continua a collezionare flop nella ricerca di professionisti che vadano a riempire i posti lasciati vacanti da colleghi andati in pensione o alleggerire il peso ad altri medici ai quali, vista l’emergenza, in alcuni casi è stato dato il nullaosta per avere in carico duemila pazienti rispetto al precedente limite di 1.500 assistiti.
A Milano il bando che metteva a disposizione 424 posti di medicina generale si è chiuso con soli 48 candidati
Il problema si fa sentire in particolare nell’Ats Milano (che comprende oltre all’area metropolitana anche la provincia di Lodi) dove lo scorso 11 aprile si è chiuso il bando che metteva a disposizione 424 posti di medicina generale: a candidarsi sono stati solo in 48. In un precedente bando, sempre per la stessa azienda sanitaria, la Regione Lombardia aveva deciso di aprire il concorso anche a medici non lombardi: erano arrivate solo due domande.
Bussolati: “La Lombardia è la penultima regione italiana per numero di medici rispetto alla popolazione”
“La Lombardia è la penultima regione italiana per numero di medici rispetto alla popolazione e questa scarsa adesione ci lascia immaginare che nulla cambierà”, è la riflessione del consigliere regionale del Pd Pietro Bussolati, che ha commentato: “Numeri drammatici, sicuramente una tendenza che si registra in tutto il Paese ma che nella nostra Regione è ancora più dirompente. A livello nazionale occorre una profonda riforma del percorso per diventare medici di base equiparando le borse di studio alle altre specializzazioni. A livello regionale occorre incentivare questa attività in particolare laddove copre ambiti carenti (quartieri e città sprovviste di medici). Serve urgentemente rivedere le modalità di scelta e revoca del proprio medico, offrendo canali preferenziali ai cittadini di età avanzata e portatori di fragilità”.
A porre sotto i riflettori la questione dei medici di base in Lombardia era stato nella precedente legislatura il consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle Gregorio Mammì. In una lettera inviata al Quotidiano Sanità, all’indomani del varo della riforma della sanità targata Letizia Moratti, l’esponente pentastellato scriveva: “L’occasione della riforma del sistema sanitario regionale è stata sprecata con un’iniziativa legislativa che ha pensato un’altra volta più a favorire chi ha fatto della sanità un business e non un servizio per i cittadini. E un sondaggio che ho promosso su oltre 1.600 medici di base della Città metropolitana di Milano rivela come ci sia ancora una carenza informativa da parte della Regione su quale sarà il ruolo di questi professionisti a proposito della nuova rete territoriale prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. C’è chi non sa nemmeno se stanno costruendo una Casa della comunità sul territorio di competenza, ma il dato più disarmante è la carenza informativa su chi gestirà queste strutture e come intende farlo.Temo che questa sia l’ennesima dimostrazione di come il centrodestra lombardo abbia preso l’occasione di rifondare la nostra sanità solo come opportunità per aggiungere tacche alla loro lunga lista di errori amministrativi invece che correggerne almeno qualcuno”.
In Lombardia il numero di medici di base massimalisti è in continua crescita da un decennio
In Lombardia, secondo il rapporto Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità), il numero di medici di base massimalisti, cioè con oltre 1.500 assistiti, è in continua crescita da un decennio. E mentre in Italia ci sono in media 30 medici di base ogni diecimila residenti oltre i 65 anni, in Lombardia nell’ultimo decennio sono passati da circa 33 a circa 26 ogni diecimila abitanti.