È arrivato ieri il via libera della plenaria del Parlamento europeo al Media Freedom Act, la legge Ue sulla libertà e la trasparenza dei media. Sabrina Pignedoli, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle, perché voi vi siete astenuti?
“Ci siamo astenuti perché è passato un emendamento che deroga per motivi di sicurezza nazionale al divieto totale dell’utilizzo di spyware per i giornalisti. Questo significa che le autorità giudiziarie potranno impiantare e nascondere nei cellulari e o nei computer dei giornalisti dei malware per percepire e rubare informazioni anche personali. È vero che nel testo sono previste ampie garanzie e una procedura da seguire prima di arrivare a questa ipotesi, ma noi vediamo molti rischi anche perché il concetto di sicurezza nazionale è molto vago e può essere usato dai governi per intimidire o condizionare il lavoro giornalistico”.
Rischiamo un altro caso Assange?
“Il caso Assange è l’emblema di come i potenti possano accanirsi contro la libera stampa. La persecuzione giudiziaria contro di lui, che si trova tuttora in carcere in Gran Bretagna senza di fatto essersi potuto difendere in un processo, rappresenta una sorta di avvertimento verso tutti i giornalisti che fanno inchiesta e che osano indagare a fondo sugli affari sporchi di Stato. Ma tanti altri giornalisti meno noti sono stati spiati: ricordo il caso della giornalista francese Ariane Lavrilleux che indagava su centinaia di documenti segreti relativi ai rapporti fra Francia ed Egitto, ma non dimentichiamo lo scandalo Pegasus in Ungheria e il cosiddetto ‘Catalan gate’. Per questa ragione consideriamo questo voto di ieri come un cedimento alla difesa e alla libertà della stampa europea, un metodo che ricorda molto quello già utilizzato da Orbán per minacciare la stampa ungherese e che per noi va bandito del tutto. Contro questa deriva non potevamo stare zitti. Per il Movimento 5 Stelle la tutela della stampa è precondizione del buon funzionamento della democrazia”.
Cosa salvate del testo approvato?
“Ci sono decisi passi in avanti sui temi del pluralismo, dell’indipendenza dei media e della tutela delle fonti. L’obiettivo finale del regolamento è affrontare i problemi legati al funzionamento del mercato interno per i servizi dei media, come le diverse norme e procedure tra gli Stati membri per garantire la libertà e il pluralismo dei media. Il duopolio di fatto che da trent’anni soffoca il mercato dei media in Italia e la perenne ingerenza della politica nelle dinamiche della Rai sono vulnus che possiamo adesso superare con il Media Freedom Act. Ci vuole coraggio”.
Cosa succederà adesso? Cosa dobbiamo aspettarci?
“Per quanto riguarda lo spionaggio di Stato a danni dei giornalisti auspichiamo che queste deroghe vengano spazzate via nei negoziati con il Consiglio, che però purtroppo sul tema spyware ha una posizione ancora più radicale di quella del Parlamento europeo. Temiamo il peggio, ecco perché era importante una posizione netta e contraria del Parlamento europeo al loro uso nei confronti dei giornalisti”.
In un contesto globale dipinto a tinte sempre più fosche, nel 2023 l’Italia recupera posizioni nella classifica internazionale sulla libertà di stampa stilata da Reporter Senza Frontiere, passando dal 58° posto del 2022 al 41° di quest’anno. Ma restano ancora irrisolte diverse questioni.
“C’è tanto da fare: dalle nomine in Rai alle dichiarazioni dei politici contro chi fa inchiesta fino alle querele temerarie che sono il più grande problema dei giornalisti locali e nazionali. L’Unione europea non metta la testa sotto la sabbia. Siamo in un momento delicato per la nostra democrazia, la stampa libera è alleata dei cittadini. Non lo dimentichiamo mai”.