Un maxi sequestro, da 324 milioni di euro, quello eseguito dalla Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria. Un maxi sequestro che ha colpito i beni del defunto Vincenzo Oliveri, imprenditore nel settore oleario con proiezioni di tutto rilievo sia nel comparto alberghiero che in quello immobiliare e dei servizi non solo in Calabria, piana di Gioia Tauro e provincia di Catanzaro, ma anche in Abruzzo e Toscana.
Vincenzo Oliveri insieme al fratello, da tempo stabilitosi a Giulianova, era socio in numerose iniziative imprenditoriali avviate sin dai primi anni ’80 e culminate con la costituzione di un vero e proprio impero imprenditoriale (il cosiddetto Gruppo Oliveri, appunto), le cui attività, partendo dal settore oleario, si sono diversificate nel tempo, soprattutto in quello alberghiero di lusso. L’uomo, sin dagli anni ’80, risultava coinvolto in diversi procedimenti penali per la commissione di reati associativi finalizzati alla commissione di truffe aggravate, frode in commercio, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, i quali si sono conclusi con sentenze dichiarative di prescrizione. Successivamente è stato tratto in arresto nel luglio 2010, per i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata ed altro, in ordine all’indebita percezione di contributi erogati ai sensi della legge 488/1992 ad aziende facenti parte del Gruppo Oliveri.
Il provvedimento di oggi si inserisce proprio su questa scia, nel senso che la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha integralmente confermato quanto disposto dal precedente decreto del Tribunale di Reggio Calabria, del 29 gennaio 2016, nei confronti di Vincenzo Oliveri, Giovanni Oliveri, Matteo Giuseppe Oliveri e Domenica Rosa Carnovale. È stata disposta e confermata la confisca di 15 società operanti nei settori agricolo-oleario, turistico-alberghiero, immobiliare e dei servizi; 88 immobili, tra cui spiccano gli edifici sede degli alberghi/ristoranti/resort Hotel Villa Fiorita di Giulianova (Te) e Il Feudo degli Ulivi a Borgia di Catanzaro; 7 auto personali e aziendali. Confiscati inoltre, 385 titoli comunitari (aiuti all’agricoltura) che danno diritto a percepire dall’Agea la somma di circa 1,6 milioni di euro annui e svariati conti correnti societari e personali. Il valore complessivo dei beni confiscati è stimato in circa 324 milioni di euro. La Dia precisa che “tutte le aziende confiscate proseguono regolarmente le loro attività commerciali con appositi amministratori giudiziari nominati dall’Autorità Giudiziaria”.