Sono 78 gli arresti che hanno duramente colpito la cosca Bellocco: la maxi operazione contro la ‘ndrangheta ha coinvolto l’Italia intera. Nel corso delle indagini, inoltre, è emerso che il boss Umberto Bellocco gestiva gli affari malavitosi anche dal carcere tramite cellulare.
Maxi operazione in tutta Italia contro la ‘ndrangheta. Colpita con 78 arresti la cosca Bellocco
Alle prime luci dell’alba di martedì 13 dicembre, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare dell’Ufficio GIP del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 65 soggetti.
Di questi, 47 sono in carcere, 16 agli arresti domiciliari e 2 sottoposti all’obbligo di dimora. Gli individui fermati sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. I militari hanno operato in 16 diverse province.
Insieme all’ordinanza di custodia cautelare, l’Autorità Giudiziaria ha disposto anche il sequestro preventivo di una ditta specializzata nello sfruttamento delle risorse boschive il cui valore è stimato intorno ai 700 mila euro.
Contestualmente, il Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri unitamente al Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata e al G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia della Guardia di Finanza stanno eseguendo una Ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dall’Ufficio GIP del Tribunale di Brescia, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia diretta dal Procuratore Francesco Prete, a carico di 13 soggetti indagati a vario titolo per i delitti, tra gli altri, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro (imputazione riguardante 6 soggetti). Inoltre, è stata data esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie dell’importo di oltre 4 milioni di euro, quale profitto dei predetti delitti in materia di imposte sui redditi e Iva.
Gli interessi della cosca
Nel corso dell’indagine, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Gioia Tauro hanno ricostruito gli interessi della cosca Bellocco di Rosarno, nota per essere una delle realtà più note della ‘ndrangheta. La cosca è particolarmente attiva nei settori del narcotraffico, del traffico delle armi, delle estorsioni e del controllo delle attività commerciali e imprenditoriali della Piana di Gioia Tauro, con particolare riferimento ai territori dei Comuni di Rosarno e San Ferdinando. Un altro settore di importanza strategica è risultato essere quello della spartizione dei proventi relativi allo sfruttamento delle risorse boschive.
L’operazione, battezzata Blu Notte, è partita a settembre 2019 e si è conclusa ad agosto 2020. In questo contesto, è stata delineata la struttura organizzativa del gruppo malavitoso che agisce ai vertici della “società di ‘ndrangheta” di Rosarno e che ha interessi non solo in Italia ma vanta anche ramificazioni all’estero.
Nell’ambito dell’inchiesta, è emerso anche un recente cambio di vertice che ha riguardato il gruppo. Per quasi 50 anni, infatti, la leadership della “cosca Bellocco” era stata riconosciuta al vecchio patriarca Umberto Bellocco, classe ‘37, alias «Assi I Mazzi», deceduto il 22 ottobre 2022, al quale viene ricondotta anche la nascita della Sacra Corona Unita pugliese – fatta risalire alla notte di Natale del 1981 all’interno del carcere di Bari.
Nelle intercettazioni captate dai Carabinieri si riscontra il “passaggio di mano” all’omonimo nipote Bellocco Umberto classe ‘83, alias «Chiacchera», figlio di Bellocco Giuseppe classe ‘48, che ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio e il conseguente controllo di tutti i consociati e di essere un leader temuto.
L’attività di polizia giudiziaria ha permesso di restituire un quadro completo sugli elementi strutturali della “cosca Bellocco”, che costituiscono anche la spina dorsale della “Società di ‘ndrangheta di Rosarno”, le cui relazioni hanno dimostrato l’operatività delle locali attive nei Comuni di Giffone (RC) e Laureana di Borrello (RC). Una precisa ricostruzione delle cariche e dei conseguenti compiti affidati ai numerosi affiliati orientati alla realizzazione del programma criminale, la cui attuazione pratica ha spaziato dalle estorsioni al traffico degli stupefacenti, dalla gestione delle c.d. guardianie alla spartizione degli interessi sul territorio e così via. Ruoli che hanno contemplato l’uso delle armi ed una particolare disinvoltura nell’effettuare i danneggiamenti verso i soggetti più riluttanti a sottomettersi alle imposizioni dell’organizzazione.
Il boss gestiva il clan dal carcere con un cellulare
L’ascesa del nuovo vertice della cosca continua anche nell’ambito carcerario, circuito nel quale vengono rilevate – con il fondamentale contributo del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria – la posizione di primazia del Bellocco tra i ristretti del carcere di Lanciano (CH), intessendo alleanze trasversali con altre potenti organizzazioni criminali operanti su tutto il territorio nazionale.
Lo stato di reclusione non ha impedito, infatti, a Umberto Bellocco di partecipare attivamente alle dinamiche criminali che hanno riguardato il sodalizio. Un aspetto reso possibile dalla detenzione illecita di telefoni cellulari, il cui approvvigionamento era favorito dal supporto di altri detenuti e dai familiari di questi, per lo più semiliberi e/o ammessi ai colloqui. Con questi espedienti il detenuto, dal carcere abruzzese, ha potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute in ragione del ruolo di capocosca. In tale modo le conversazioni con i soggetti ammessi a confrontarsi con il boss sono state utilizzate come strumento di persuasione, anche nei confronti di altri soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta. Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare, tra le altre cose, anche le responsabilità dei pregiudicati che hanno costituito la filiera necessaria a rifornire il Bellocco dei microtelefoni cellulari, delle Sim-card e delle relative ricariche, strumenti indispensabili per la direzione “da remoto” della «cosca Bellocco».
Tra le alleanze maturate nel circuito penitenziario spicca la stretta collaborazione tra gli esponenti della «cosca Bellocco» e quelli del «clan Spada» di Ostia (RM), alcuni dei quali destinatari delle misure cautelari. In particolare, l’accordo stretto tra gli esponenti dei due clan, oltre a scandire le gerarchie criminali all’interno del penitenziario, ha riguardato i traffici di cocainaeffettuati dalla Calabria verso il litorale romano e la risoluzione di situazioni conflittuali tra gli Spada e alcuni calabresi titolari di attività commerciali nelle aree urbane di Ostia ed Anzio.
Il sistema di alleanze della cosca Bellocco
La strategia dei Bellocco rispetto alle altre consorterie restituisce un quadro di sostanziale cooperazione criminale, in un regime di reciproci vantaggi. In merito all’organizzazione della cosca, infatti, si è scoperto che con l’incremento esponenziale dei traffici degli stupefacenti le articolazioni localmente attive della ‘ndrangheta non hanno avuto più l’esigenza di contendersi la spartizione del territorio ma, anzi, hanno sfruttato la federazione con le altre associazioni per dividere i rischi d’impresa e ridurre gli sforzi economici per l’attuazione delle iniziative criminali. I Bellocco, oltre a condurre una politica criminale attenta, specie nei confronti delle altre consorterie a loro storicamente alleate, hanno creato le condizioni per realizzare una serie di matrimoni tra i propri esponenti e quelli della cosca Pesce, in modo da rafforzare i rapporti relazionali tra le due espressioni di criminalità organizzata ritenute tra le più influenti del mandamento tirrenico della Provincia di Reggio Calabria. Ragione per la quale, in alcune fasi dell’indagine, gli esponenti dei Bellocco hanno apertamente manifestato la concreta possibilità di ottenere il sostegno anche dei vertici della cosca Pesce, dando prova di essere supportati, oltre che da questi ultimi, anche da altre realtà di pari livello criminale della Piana di Gioia Tauro.
Moltissimi sono i summit di mafia censiti, alcuni necessari all’attuazione del programma criminale della cosca, che generalmente avvenivano all’interno dell’abitazione della sorella di Bellocco Umberto e quelli, ben più complessi, organizzati nelle aziende agrumicole di Rosarno, dove venivano regolate le controversie con gli altri esponenti della ‘ndrangheta e dove gli incontri venivano pianificati nel dettaglio, tanto che ad alcuni soggetti armati della cosca veniva dato il compito di appostarsi e occuparsi di determinati settori di tiro, con l’intento di prevenire e reprimere, ogni sorta di pericolo che potesse promanare dalla controparte. Ai summit era solito prendere parte, in diretta, anche il boss detenuto dal carcere, che con la propria presenza, «partecipata» a distanza, era naturalmente portato ad irretire le iniziative dei convenuti.