“Ha tradito, adesso ne pagherà le conseguenze”. Palazzo Madama, ieri all’ora di pranzo. In un Transatlantico semi-deserto, un senatore del Pd costeggia la buvette e pronuncia queste poche, semplici, velenose parole. Destinatario, manco a dirlo: Maurizio Martina. È un giudizio tranchant, quello emesso nei confronti del segretario reggente. Più che altro, un avvertimento. Che lascia presagire quello che potrebbe succedere domani, quando i dem si riuniranno (finalmente) in Assemblea presso l’hotel Ergife di Roma. E cioè: sfiducia totale per ‘Maurizio’, che proprio due giorni fa ha annunciato l’intenzione di candidarsi “per continuare” il “lavoro di gestione della fase politica dei prossimi mesi”, forte dell’appoggio dei vari Francechini, Gentiloni, Orlando, Emiliano e Minniti. Tutto inutile, a quanto pare.
Nemmeno l’appello allo “spirito unitario” col quale Martina ha chiesto “il sostegno di tutti” sembra aver avuto effetti. Anzi. Così come la promessa, fatta ai renziani, di andare a congresso “in tempi rapidi entro quest’anno”. La falange del ‘senatore semplice di Scandicci’, al secolo Matteo Renzi, da quell’orecchio proprio non ci vuole più sentire, quando parla Martina. “Verba volant…”, dice a questo proposito la nostra fonte quando gli viene ricordata, per l’appunto, la promessa fatta dal reggente, più che altro un messaggio di distensione spedito all’indirizzo dell’ex premier. “La manterrà come quando non ha rispettato la linea votata dalla direzione, e cioè che il Pd sarebbe andato all’opposizione e non avrebbe trattato con nessuno per formare un Governo, specie col M5s?”. Eccolo, il peccato originale. Il “tradimento”, per dirla con l’espressione usata dal senatore dem parlando con La Notizia. “Nessuno si fida più di lui – è un’altra delle frasi al vetriolo messe a verbale –. Spero che nelle prossime ore Maurizio si ravveda, faccia un passo indietro e lasci che sia Matteo Orfini a fare il reggente fino al congresso”, è il diktat. Sui mille componenti dell’organismo dem, i renziani ne controllano il 67%. Nemmeno i riposizionamenti post-elettorali sembrano aver scalfito la convinzione che alla fine nessuno dei fedelissimi tradirà il segretario uscente, che ha smentito le indiscrezioni relative al possibile ritiro delle sue dimissioni. Per il nostro interlocutore, sarebbero addirittura 700 quelli pronti a votare contro Martina.
Orfini, si diceva, potrebbe fare da ‘traghettatore’, così com’era accaduto l’anno scorso (per meno di due mesi) dopo le dimissioni di Renzi causa sconfitta al referendum. Sullo sfondo però può materializzarsi la figura di Lorenzo Guerini, l’‘Arnaldo’ (come Forlani) di Renzi. Vedremo. Chi invece scalda i motori in vista del congresso è Nicola Zingaretti. “La proposta di Martina a me sembra ragionevole e condivisibile: eleggere un segretario in Assemblea e fare il congresso – ha detto ieri il governatore del Lazio –. Nei prossimi mesi dovremo certo discutere e decidere ma anche lottare, batterci, fare opposizione in Parlamento e nei territori. Con il Governo che si sta formando mi sembra difficile che si possa farlo sotto la guida di una commissione congressuale. Dobbiamo salvare il Pd e questa, io credo sia la priorità assoluta”. La certezza per ora è che Martina è finito in fuorigioco ma la partita è ancora tutta da giocare. Conoscendo il Pd…