Tirato per la giacchetta da più parti. Spinto ad entrare a gamba tesa nel confronto sul Csm, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla fine ha ceduto. E lo ha fatto con una mossa ben diversa da quella che tutti si sarebbero aspettati perché anziché sciogliere il Consiglio superiore della magistratura, come previsto dai poteri che la Costituzione gli ha affidato, ha giocato in contropiede annunciando che si andrà avanti con l’attuale composizione ma che questa verrà semplicemente rinnovata. Niente ribaltoni dunque, come chiesto a gran voce da tanti a partire da Silvio Berlusconi, ma “un’elezione suppletiva”, come fanno sapere dal Colle, che si terrà il 6 e il 7 ottobre prossimo al fine di sostituire i due consiglieri dimissionari Luigi Spina e Antonio Lepre, entrambi rappresentanti della componente dei pm e quindi non sostituibili con i primi dei non eletti.
LA MOSSA DEL COLLE. In questo modo, spera il Capo dello Stato, si dovrebbe riuscire a far voltare pagina all’organo di autotutela delle toghe, “restituendo al mondo della magistratura l’indipendenza e il prestigio perduto”. In realtà la scelta di Mattarella, in qualità di presidente del Csm, sembra dettata soprattutto dal timore che, anche azzerando e ricostruendo daccapo l’organo, nulla cambierebbe perché il vero problema, come emerso da inchieste, dossier e veleni, è quello delle procedure elettorali che devono essere riviste.
RESA DEI CONTI. Nel frattempo ieri c’è stato anche il plenum del Consiglio che ha dovuto prendere atto delle dimissioni di Gianluigi Morlini. Quest’ultimo, coinvolto nell’inchiesta sui rapporti opachi tra il pm Luca Palamara e alcuni politici tra cui l’ex ministro Luca Lotti, giorni fa aveva anche deciso di lasciare la corrente politica Unicost di cui faceva parte. Al posto dell’ormai ex consigliere, oggi tornato a vestire la toga a Reggio Emilia, come stabilito dal plenum arriva Giuseppe Marra, ossia il primo tra i giudici non eletti. Non si tratta di una modifica di poco conto perché la conseguenza di questa sostituzione comporta il cambiamento dei rapporti di forza interni al Csm in quanto Marra fa parte della corrente Autonomia e Indipendenza che ha come punto di riferimento Piercamillo Davigo.
Ma ieri è stata una giornata decisiva, quasi una resa dei conti, perché nel corso del plenum il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha preso la parola e, senza mezzi termini, ha duramente condannato le riunioni tra consiglieri e Lotti. Proprio per questo, affermando che “l’imputato (Palamara, ndr) si sceglieva il procuratore che lo avrebbe dovuto giudicare”, ha promosso e avviato un’azione disciplinare nei confronti dei due consiglieri autosospesi, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, e dei tre colleghi che si sono dimessi, ossia Lepre, Spina e Morlini.
Bonafede non resta alla finestra. Lo scandalo che ha investito il Consiglio superiore della magistratura non conosce precedenti. All’indomani dell’azione disciplinare avviata dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Fuzio, il guardasigilli ha così deciso di attivarsi a sua volta per punire le toghe di quella che viene ormai inquadrata dagli investigatori come una cricca.
PUGNO DURO. I titolari dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati sono sia il procuratore generale che il ministro della giustizia. Tra i due però a non avere l’obbligo di avviare una simile procedura è il guardasigilli. Chi è a capo del dicastero di via Arenula può decidere se procedere o meno. E se decide di farlo chiede di fare indagini al procuratore generale e comunica la sua iniziativa al Csm. Seppure nell’attuale situazione sembra un paradosso a dover poi decidere se punire o meno un magistrato è poi solo il Consiglio superiore della magistratura, che questa volta si trova a dover processare i suoi stessi componenti.
Bonafede l’avvio dell’azione disciplinare l’ha ritenuto opportuno. E ha firmato appunto la richiesta di procedura disciplinare nei confronti dei consiglieri del Csm già autosospesi, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre, e nei confronti di Luigi Spina e Gianluigi Morlini, che si sono già dimessi da consiglieri. “Il Guardasigilli – specificano dal Ministero della giustizia – condividendo il provvedimento del procuratore generale della Corte di Cassazione, ha avanzato ulteriori contestazioni”. Bonafede ha quindi assicurato di continuare a muoversi “nel solco di quella compattezza delle istituzioni che ha promosso fin dall’inizio della vicenda che sta investendo il Csm”.
LA NOVITA’. Il guardasigilli ha aggiunto la sua azione a quella del procuratore generale Fuzio formulando un’ulteriore contestazione alle cinque toghe sotto accusa. Quella della scorrettezza. “Secondo noi – specificano sempre da via Arenula – si può contestare rispetto agli stessi fatti che ha valutato la Procura generale”.
L’ALTRA BATTAGLIA. Il ministro Bonafede non ha perso poi l’occasione per rilanciare la battaglia contro le correnti in cui è divisa la magistratura. Intervenendo a Napoli, in occasione della firma di un protocollo quadro per il riutilizzo di caserme dismesse, il guardasigilli ha infatti denunciato: “La magistratura italiana è di un livello altissimo, una delle migliori magistrature al mondo, ma sicuramente c’è un sistema delle correnti che è un sistema che in tanti, anche la magistratura stessa, ci siamo impegnati a combattere”. Di più: “Non parliamo dell’associazionismo, ma delle degenerazioni del correntismo. Sicuramente quello che è successo è grave e su questo dobbiamo essere inflessibili, determinati ma rimanere compatti”. Bonafede ha infine assicurato che porterà avanti un pacchetto di riforme che riguardano sia il Csm che in generale un sistema meritocratico all’interno della magistratura.