Non c’è pace per il lavoro. Da una parte quello che sembra un bollettino di guerra che quotidianamente ci informa di nuove morti bianche dall’altra l’aggiornamento della lista sulle crisi aziendali con gli annunci di nuovi licenziamenti. Sul primo fronte i numeri fanno impressione.
E parlano di dodici vittime nell’ultima settimana (leggi l’articolo). Allarmanti i numeri che arrivano dall’Inail (qui il focus). Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e agosto sono state 349.449 (+8,5% rispetto allo stesso periodo del 2020), 772 delle quali con esito mortale (-6,2%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 36.496 (+31,5%).
Ieri la notizia che il 28 settembre i sindacati e l’assessorato al lavoro della Regione Marche hanno ricevuto la comunicazione aziendale dell’apertura della procedura di licenziamento collettivo per 103 dipendenti della iGuzzini Illuminazione (nome storico dell’imprenditoria marchigiana, anche se ormai da qualche anno di proprietà del colosso svedese Fagerhult) individuati come esuberi, su un perimetro di 736 lavoratori: si tratta per il 70% di appartenenti al settore impiegatizio, il resto operai.
Da vari mesi era stata attivata la cassa integrazione covid, di fronte a una compressione del fatturato legata alla pandemia. Nonostante tutto qualche mese fa era stato annunciato l’acquisto di tutte le azioni della canadese Sistemalux Inc, con sede a Montreal, un segnale di rafforzamento sul mercato del Nord America, ritenuto molto promettente. La previsione era comunque di arrivare con gli ammortizzatori sociali covid alla fine del 2021: il 28 settembre invece l’annuncio della procedura.
Alla luce dell’ennesima crisi aziendale si ripropone il quesito se togliere il blocco dei licenziamenti sia stata una decisione saggia. Le crisi aziendali sono ancora tutte lì sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico: Whirlpool, Embraco, Gkn, Etica i nomi più conosciuti. A cui ora si aggiunge la iGuzzini. La fine del blocco dei licenziamenti, decisa a partire dal primo luglio dal governo dei migliori, ha di fatto dato licenza a tutte le imprese di accompagnare alla porta i propri dipendenti. Mentre ancora si attende che arrivi il tanto sbandierato decreto delocalizzazioni che dovrebbe arginare le crisi aziendali impedendo una nuova fuga delle produzioni verso l’estero.
I NUMERI. E anche i dati sull’occupazione che arrivano dall’Istat indicano una prima battuta d’arresto e confermano che a trainare il mercato sono i contratti a termine. Ad agosto gli occupati calano di 80.000 unità su luglio. Il calo dell’occupazione è concentrata tra le donne con 68 mila occupate in meno a fronte degli 11 mila in meno tra gli uomini. Il dato è probabilmente legato anche all’occupazione stagionale con 62 mila contratti a termine in meno (-13 mila i rapporti a tempo indeterminato tra i dipendenti mentre gli indipendenti in meno sul mese sono circa 4 mila).
Nonostante ad agosto il numero di occupati sia in calo per il secondo mese consecutivo, la forte crescita registrata nei precedenti cinque mesi ha determinato, avverte l’Istat, rispetto a gennaio, un saldo positivo di oltre 430 mila occupati. Rispetto ai livelli pre-pandemia (febbraio 2020) il numero di occupati rimane comunque inferiore di oltre 390 mila unità.
Ancora una volta aumentano i contratti a termine e ristagna l’occupazione a tempo indeterminato. Se si guarda infatti al dato tendenziale (agosto 2021 sullo stesso mese del 2020) l’incremento complessivo si è avuto soprattutto per il lavoro dipendente a termine con 235 mila rapporti in più su un totale di 293 mila occupati dipendenti complessivi.