Dopo la richiesta di intervento della Consulta, la Corte di giustizia europea ha bocciato la legge di Bilancio per il 2015 del governo Renzi che ha subordinato il versamento degli assegni di maternità e natalità a cittadini di paesi terzi alla condizione che siano soggiornanti di lungo periodo. In altre parole alla condizione che siano da almeno 5 anni in Italia.
Peccato che per i giudici del Lussemburgo la pensino diversamente. Dopo la sentenza, infatti, l’Inps dovrà pagare tali assegni a chiunque abbia un permesso di lavoro. A interpellare la Corte Ue era stata la Corte Costituzionale italiana evidenziando come il “divieto di discriminazioni arbitrarie e la tutela della maternità e dell’infanzia, salvaguardati dalla Costituzione italiana negli articoli 3 e 31″, dovesse essere interpretato “anche alla luce delle indicazioni vincolanti offerte dal diritto dell’Unione Europea”. Tesi, questa, che è stata pienamente accolta dai giudici del Lussemburgo.
Per questo nella sentenza, in base alla direttiva 2011/98, la Corte europea conferma il diritto dei cittadini di paesi terzi titolari di un permesso unico di beneficiare di un assegno di natalità e di maternità. Ciò perché tali benefici “rientrano nei settori della sicurezza sociale” per i quali i cittadini di paesi terzi possono godere “del diritto alla parità di trattamento previsto da detta direttiva”. Non solo. A decretare la bocciatura c’è però anche un ulteriore motivo. L’Italia, infatti, “non si è avvalsa della facoltà offerta dalla direttiva agli Stati membri di limitare la parità di trattamento” ai cittadini di paesi terzi titolari di un permesso di lavoro.