In un Paese che si rispetti, molto probabilmente, una legge per vietare a magistrati e militari di iscriversi alla massoneria sarebbe superflua. Basterebbe un briciolo di buon senso, complici pure certi dettami costituzionali (leggere per credere agli articoli 101 e 104). Invece, incredibile ma vero, in Italia è necessario farla. Così oggi pomeriggio alla Camera sarà presentata una proposta di legge, primo firmatario Claudio Fava, deputato di Mdp e vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia, che, malgrado le scarse possibilità di essere approvata prima della fine della legislatura, promette proprio di mettere dei paletti ai rapporti tra toghe, divise e “grembiuli”. Ma non solo. Il titolo del resto dice tutto: “Disposizioni in materia di limiti e dichiarazioni relativi all’appartenenza ad associazioni massoniche o similari”. Il che, tradotto, vuol dire rivelare la propria iscrizione alla massoneria, circostanza da sempre rigettata dagli affiliati alle “comunioni” sbandierando la legge sulla privacy.
Quattro articoli in tutto nei quali si fissano paletti mica da ridere, con sanzioni che per coloro che ricoprono incarichi pubblici possono arrivare fino alla decadenza dall’incarico. Ma andiamo con ordine. La proposta che Fava ha firmato con altri undici colleghi, tra i quali il capogruppo di Mdp alla Camera Francesco Laforgia, arriva a oltre tre mesi di distanza dal sequestro degli elenchi degli iscritti alle quattro principali associazioni massoniche – Grande Oriente d’Italia, Gran Loggia Regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia d’Italia e Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori – in Calabria e Sicilia ad opera dell’organismo presieduto da Rosy Bindi (Pd). Decisione presa nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra mafie e massoneria avviata la scorsa estate dalla commissione. Gli elenchi sono stati poi dissequestrati l’11 aprile, coi “grembiuli” sul piede di guerra.
Rispondere prego – Entrando nel dettaglio, la pdl vieta l’appartenenza ad associazioni massoniche o similari “che creano vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti in sostanza della stessa” a magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e ai membri della magistratura onoraria. Divieto, quello fissato dall’art. 1 della proposta di Fava e co., previsto pure per gli appartenenti “di ogni ordine e grado” alle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, nonché alle Forze armate. Non è tutto. La pdl infatti riguarda anche i parlamentari. Entro tre mesi dalla proclamazione – è scritto all’art. 2 – deputati e senatori devono depositare presso gli uffici di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama una dichiarazione, “anche negativa”, sull’eventuale appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari, “precisandone la denominazione, qualora tale condizione sussista”. Se gli eletti non dovessero presentare il documento oppure lo stesso fosse mendace, scatterebbero sanzioni che i presidenti della Camere dovranno stabilire entro due mesi dall’entrata in vigore della legge (che come detto il Parlamento rischia di non riuscire a licenziare prima del 2018).
Via la poltrona – La norma riguarda anche chi, più in generale, ricopre incarichi pubblici. Entro tre mesi dall’assunzione dell’incarico, infatti, questi dovranno depositare “al responsabile dell’ufficio di appartenenza” la medesima dichiarazione, pena una “violazione disciplinare punibile anche con la sanzione della decadenza dall’incarico”. Ma cosa dicono gli interessati, cioè i massoni? Stefano Bisi, Gran Maestro del Goi (la comunione massonica più rilevante d’Italia con 23mila iscritti), per esempio, ha addirittura denunciato “l’intento persecutorio” della proposta: “Tanto vale che ci mettano un distintivo giallo come agli ebrei, si farebbe prima”. Proprio così ha detto.
Twitter: @GiorgioVelardi