Caccia aperta ai due killer che hanno fatto fuoco nel giornale satirico Charlie Hebdo. I due sarebbero stati localizzati in Piccardia. Mentre è giallo su un ragazzo che si è costituito. Si tratta del più giovane dei tre ricercati, Hamyd Mourad, 18 anni. Gli amici lo difendono: era a scuola. La caccia ai killer non ha portato frutti finora e gli agenti hanno effettuato una serie di rilevamenti scientifici.
IL PAZZO ATTENTATO
Parigi e l’intera Europa ripiombano nell’incubo del terrorismo islamico. Ieri mattina, nella capitale francese, tre uomini incappucciati e vestiti di nero, sono penetrati nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo e, al grido di “Vendicheremo il Profeta”, hanno aperto il fuoco con dei kalashnikov contro il personale. I tre sarebbero stati identificati, secondo quanto riportato dai media francesi; si tratterebbe di due franco-algerini reduci dalla Siria.
IL DRAMMA
Il bilancio è, ancora una volta, quello di una tragedia: 12 morti e 8 feriti, di cui alcuni in condizioni gravissime. Tra le vittime, ci sono sia il direttore e vignettista Charb (Stephane Charbonnier), sia uno dei disegnatori più importanti, Cabu. Dopo aver scagliato l’attacco, gli aggressori sono usciti dalla reception del giornale e hanno incontrato una volante della polizia. Vedendola, i killer hanno aperto il fuoco, crivellandola di colpi. Poi i terroristi sono riusciti a fuggire a bordo di una Seat, hanno investito un passante e hanno ingaggiato un secondo scontro a fuoco con le forze di polizia. Immagini di violenza inaudita che dalle telecamere sono state riprese dai tetti: un agente ferito è stato giustiziato per strada da uno dei fondamentalisti. Subito dopo i tre sono fuggiti su una seconda automobile facendo perdere le proprie tracce. “È un vero massacro, ci sono morti ovunque”, ha detto dopo il blitz un dipendente del quotidiano, più volte finito nel mirino degli integralisti islamici per aver irriso la figura del profeta Maometto. La sede del settimanale fu infatti distrutta da un incendio provocato dal lancio di una molotov il 2 novembre 2011. L’attentato, che non provocò vittime, avvenne nel giorno dell’uscita del numero speciale dedicato alla vittoria elettorale degli islamisti in Tunisia. “Maometto direttore responsabile di Charia Hebdo” si leggeva su un comunicato stampa che annunciava il numero, con un gioco di parole sulla sharia. Anche sulla copertina dell’ultimo numero non è certo mancata la provocazione satirica: campeggia, infatti, una foto dello scrittore Michel Houellebecq, al centro di polemiche per il romanzo in uscita ieri “Sottomissione” che racconta l’arrivo al potere in Francia di un presidente islamico. Il presidente francese Francois Hollande ha parlato di “attentato terroristico di eccezionale barbarie, un attentato alla nostra libertà”. Un attentato che arriva a stretto giro da altri tre inquietanti attacchi con il grido “Allah hu Akbar” che diventa lo slogan dell’imminente violenza. Il 22 dicembre a Nantes, nella Francia nord occidentale, un camioncino bianco è stato lanciato sul tradizionale mercatino natalizio ferendo undici persone. Nemmeno ventiquattr’ore prima a Digione, nel nord est del Paese, un 40enne alla guida di una Renault Clio aveva travolto la folla mandando all’ospedale 13 persone. Sempre al grido di “Allah hu Akbar”. Vicende troppo simili e troppo vicine perché non metterle in relazione tra loro. A queste va poi aggiunta una terza, quella di Jouè-lès-Tours dove un convertito all’Islam è entrato nel commissariato cittadino e ha aggredito tre poliziotti.