“Marginali le misure del Governo”. Parla la sociologa Saraceno: “Non si incentiva così la natalità”

Per al sociologa Saraceno “l’aumento del lavoro povero è una smentita al governo che ha abolito il Reddito di cittadinanza”

“Marginali le misure del Governo”. Parla la sociologa Saraceno: “Non si incentiva così la natalità”

In Italia duecentomila bambini tra 0 e 5 anni di età vivono in povertà alimentare, certifica Save the Children. Chiara Saraceno, sociologa del Lavoro, che vuol dire?
“Vuol dire che ci sono bambini che non sono solo genericamente poveri assoluti ma vuol dire che mancano loro proprio le basi per crescer bene, le basi alimentari. Noi sappiamo come per un bambino avere una nutrizione adeguata nei primi anni di vita sia fondamentale per il suo benessere presente e futuro. La povertà alimentare in un Paese ricco come l’Italia è uno scandalo. È inaccettabile che ci siano anche degli adulti, ma soprattutto dei bambini, che non riescono a fare un pasto adeguato al giorno e di più nelle zone dove manca anche un’alternativa pubblica. I bambini che vanno alla scuola dell’infanzia o al nido troverebbero un pasto adeguato nella mensa. Invece questo non c’è perché non ci sono, spesso, i nidi”.

Sugli asili nido pare che il governo abbia ritoccato le percentuali di copertura.
“Sì, sembra che abbia ritoccato le percentuali ma non si capisce bene cosa abbia fatto. Forse le ha ritoccate, abbassandole proprio al Sud. Ma anche se non le avesse ritoccate comunque non ce la si fa. In parte è anche responsabilità dei Comuni che non hanno fatto domanda. Ma in questo caso il governo dovrebbe intervenire. Non si capisce perché per i bambini in età pre-scolare lo Stato non si faccia carico del dire ‘no questi bambini hanno diritto ad avere un pezzo di risorse educative’. E poi c’è la questione dei fondi di gestione. Anche in passato si è visto che si sono costruiti nidi ma senza fondi di gestione sono rimasti chiusi”.

Per ripianare le disuguaglianze territoriali non basterà nemmeno il Pnrr, secondo le stime di Save The Children e Svimez.
“È successo questo: è vero che gli sono state dedicate risorse in più però il tutto è proceduto per bandi. E non tutti i Comuni che avrebbero dovuto hanno fatto domanda. Perché non erano attrezzati o non lo ritenevano importante o avevano altre cose da fare. I motivi sono tanti, compreso poi il non essere sicuri di avere i fondi di gestione. C’è una responsabilità condivisa dello Stato e degli enti locali. Lo Stato dovrebbe chiedere perché non è stata presentata domanda. Per fortuna questo governo nell’ultimo bando che ha fatto ha corretto l’approccio del governo Draghi. Non ha fatto solo il bando generico ripartendo le somme destinate alle aree territoriali ma invece ha fatto un bando dedicato alle aree dove c’era più bisogno e le cose sono un po’ migliorate da questo punto di vista. Però si è visto che non necessariamente i Comuni che avevano più bisogno hanno poi fatto davvero domanda. Però, e ritorniamo al discorso di prima, a questo punto un governo preoccupato del benessere dei bambini indagherebbe sul perché in quel Comune nessuno ha fatto domanda. La finanziaria del governo Draghi, invece in questo caso, aveva definito – un passo avanti importante – il 33% come obiettivo di copertura dei posti negli asili nido non come media nazionale, non come media regionale ma comunale. E aveva stanziato per quell’anno, e per gli anni successivi, i fondi per la gestione. Non si capisce, poi, con questo governo che fine abbiano fatto questi fondi. Se ci siano o no. C’è dunque il problema di farli i nidi e poi di stanziare i fondi di gestione che non dovrebbero essere a carico dei Comuni. Altro problema è che – anche l’associazione di cui faccio parte ‘Alleanza per l’infanzia’ da tempo lo ha segnalato – non ci sono abbastanza laureati. Le iscrizioni alle facoltà dovrebbero essere incentivate. Altrimenti rischiamo di avere meno del 33% di copertura dei nidi in alcune Regioni e, soprattutto in alcuni Comuni, e contemporaneamente quei nidi non saranno neppure aperti perché mancheranno i soldi e il personale funzionali alla loro gestione”.

L’Istat ha pubblicato, di recente, i dati sull’andamento della povertà in Italia nel 2023. Colpiva già in quei dati la cifra sui minori e l’incidenza della povertà tra le famiglie operaie.
“L’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con persona di riferimento operaio o assimilato è balzata al 16% dal 13 circa in un anno. Ed è balzata quando è aumentata l’occupazione. E questo è sconvolgente. Se non è colpa del governo Meloni ma è colpa delle imprese e delle politiche salariali, resta il fatto che è una smentita plateale alla presunzione per cui si è tolto il Reddito di cittadinanza dicendo ‘andate a lavorare’. Invece abbiamo un numero crescente di famiglie di lavoratori povere assolute”.

Gioca anche la resistenza al salario minimo da parte del governo?
“Certo, sebbene sia solo una parte della questione. Una fetta delle famiglie di lavoratori poveri è dovuta al fatto che se un unico percettore di reddito ha due figli o tre e la moglie non lavora, con 1200 euro al mese è difficile vivere. Se poi abiti a Milano…”.

Anche il Nord è finito nella morsa della povertà…
“L’anno scorso il tasso di povertà assoluta è rimasto più o meno stabile, che già non era una bella notizia anche se tutti dicono che è aumentata l’occupazione e diminuita l’inflazione e dunque stiamo bene. Ma soprattutto dentro questa stabilità c’è stato questo forte aumento nel Nord mentre al Sud il tasso è lievemente diminuito e c’è stato un forte aumento della povertà minorile e delle famiglie di lavoratori operai o assimilati”.

Legge di Bilancio. Il governo rivendica le misure per incentivare la natalità.
“Mi viene da ridere. Se guardiamo ai dati di Save the children… Certo, sono meglio di un pugno in faccia. Ma se solo per i pannolini spendo 550 euro all’anno per quelli meno costosi mi rimane poco per il resto. Oltre mille euro per quando nascono i bambini non sono nulla se poi non mi garantisci che avrò il nido, che non costerà il pediatra, che avrò l’assistenza sanitaria. Sarebbe irresponsabile mettere al mondo un figlio solo perché mi danno mille euro. Sono misure ai margini, che toccano degli aspetti marginali della bassa fecondità. Se vogliono incoraggiare a fare figli d’accordo 1000 euro una tantum, ma devo avere la garanzia di avere uno stipendio adeguato per un periodo medio-lungo, servizi quando i figli crescono. In parte sono misure spot, in parte toccano aspetti meno importanti. Una misura importante è, invece, l’aumento a tre mesi del congedo genitoriale ben pagato però lì vale solo, se ho ben capito, per le lavoratrici dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Dicono verrà allargato alle autonome ma non dicono se anche alle lavoratrici dipendenti con contratto a tempo determinato, che sono tante soprattutto tra i giovani. Poi non si capisce perché escludono le domestiche. Come fossero le figlie di nessuno”.

Sulle detrazioni fiscali per i figli a carico verrebbero esclusi i figli della popolazione extra Ue.
“Che sono quelli che hanno forse più figli a carico”.