Il punto di partenza è il ‘progetto Napoli’: “Cambiare il racconto di una città piegata su se stessa, che assiste a un declino ineluttabile”, lo ripete da giorni il magistrato anti camorra Catello Maresca che ha momentaneamente deposto la toga per candidarsi a sindaco e che intorno a questa sfida sta costruendo la sua campagna elettorale, con le forze civiche e le forze politiche che abbiano voglia di aderire. Ma, se da parte dell’associazionismo cittadino ha già trovato diverse sponde, da parte dei partiti del centrodestra la situazione non è ancora definita e la quadra dovrà essere trovata fra i leader della coalizione nel prossimo vertice in questa settimana o al più tardi la prossima.
Il nodo sostanzialmente è sempre il solito, quello che già è emerso nel tavolo di mercoledì scorso (leggi l’articolo): i simboli di partito che Maresca, da ‘civico puro’ non vorrebbe venissero associati al suo nome. “A noi interessa la sostanza del progetto civico di cambiamento di Napoli. Non ci appendiamo ai simboli – ha dichiarato in un’intervista al Corriere della sera – Se chi aderisce vorrà portare insegne, valuteremo. Ad oggi mi interessano i programmi non le ideologie”.
Dalla Lega assicurano che al di là delle insegne di partito, loro sono interessati a dialogare sul programma e sul proposito di Maresca di “Ripartire dalle periferie e di contribuire alla soluzione dei problemi della città in netta discontinuità con gli ultimi 30 anni di amministrazione fallimentare – sottolinea la fonte del Carroccio interpellata da La Notizia – Non si parte da quello che vogliono fare i partiti ma da un progetto e dalla disponibilità di un nome autorevole che tanto ha fatto in Campania e a Napoli, poi la sintesi finale che andrà trovata livello nazionale. I simbolo vengono dopo il bene della città”.
Non è così accomodante FdI, con la presidente Giorgia Meloni che peraltro già mesi fa aveva proposto come candidato unico di coalizione un nome storico e autorevole del centrodestra napoletano, quello dell’avvocato Sergio Rastrelli, figlio dell’ex governatore della Campania, Antonio. Una storica famiglia di destra da una parte, dunque, e dall’altra un candidato civico che invece “non ricorda” chi ha votato alle scorse elezioni politiche e che anche ieri nel corso di un comizio nel quartiere di Ponticelli commentando i dubbi dei partiti di centrodestra, in particolare di FdI sull’eventuale eliminazione dei simboli, ha ribadito: “Ce ne fottiamo dei simboli, noi vogliamo ragionare di progetti e programmi. Mettiamo da parte vessilli e ragioni di stato, dialoghiamo su contenuti. La gente ha bisogno di questo”.
Dichiarazione che certo non aiuta la “sintesi” invocata dalla Lega, tant’è che a stretto giro arriva la freddura del coordinatore cittadino di FI Fulvio Martusciello (“Sto consultando il vocabolario su cosa significhi il verbo ‘fottere’. In vita mia non l’ho mai usato, e come me oltre il 90 per cento dei napoletani…”) e in ogni caso, venerdì a margine della Borsa Mediterranea del Turismo inaugurata a Napoli, avevano lasciato pochi dubbi le parole del capogruppo alla camera di FdI, Francesco Lollobrigida: “FdI non si vergogna del proprio volto e della propria faccia.
Sarebbe ridicolo immaginare che i nostri uomini possano andarsi a nascondere in liste civiche per essere accreditati, sarebbe una presa in giro alla popolazione. Auspichiamo che chi desidera il nostro sostegno, accetti e apprezzi il nostro simbolo come rappresentativo delle nostre idee e delle nostre proposte. Sarebbe imbarazzante sostenere qualcuno che si vergogna di noi: non poniamo condizioni ma non ce ne facciamo imporre su questioni importanti”.