Entro il 20 ottobre avrebbe dovuto essere trasmesso alle Camere. Ma si sa che anche i grandi ogni tanto sonnecchiano e così il governo dei Migliori non si differenzia dagli esecutivi precedenti ed accumula ritardi sulla road map del disegno di legge di Bilancio (leggi l’articolo – qui la sintesi). Non è stato trasmesso ieri e non ci sono grandi speranze che ciò accadrà oggi. Si suppone entro la settimana.
Ma quello che preoccupa maggiormente è che a poche ore dall’approdo a Palazzo Madama – si parte dal Senato – la manovra continui a essere un cantiere aperto. Bonus edilizi, Reddito di cittadinanza, fisco e pensioni sono tutte questioni su cui è destinato ad aprirsi un confronto serrato in Parlamento. Che ha a disposizione 500 – o forse anche 700 – milioni di euro per le modifiche. I paletti che ha messo il governo, per esempio sui bonus edilizi, non vanno giù a buona parte delle forze politiche.
E in grande fermento è il M5S sulle sue misure bandiera: Superbonus 110% e Reddito di cittadinanza. Sulla prima il pressing dei partiti, M5S in testa, mira a far saltare il tetto dei 25mila euro per gli edifici unifamiliari. E non è escluso che in queste ore il leader M5S, Giuseppe Conte, senta il premier per difendere i suoi cavalli di battaglia. “Lo certifica anche Unioncamere: negli ultimi due anni grazie ai bonus per l’edilizia – dice l’ex premier – sono nate oltre 30mila imprese, 6mila solo nell’ultimo trimestre grazie anche all’effetto del nostro Superbonus 110%. Una misura che il M5S ha difeso in Cdm, ottenendone la proroga. Non ci fermiamo certo qui: siamo pronti ad ampliare la platea con le modifiche in Parlamento”.
Idem sul Reddito di cittadinanza. Ancora non sono stati definiti i dettagli su quando decade il diritto all’assegno e quando invece viene ridotto. La bozza della manovra faceva partire il decalage dal sesto mese, nella misura di 5 euro, per tutti gli occupabili. Il M5S ha ottenuto che il taglio parta dopo la prima offerta di lavoro rifiutata e che la sospensione del sussidio scatti dopo due offerte di impiego non accettate. Ma la norma ora, affinché l’intesa venga tradotta, va riscritta. In Parlamento si temono nuovi assalti da parte delle destre e dei renziani.
Il M5S, come ha avvertito Conte, sta in trincea. Sulle pensioni si attende che vengano ripristinati i requisiti per accedere a Opzione donna che la manovra aveva innalzato di due anni e che vengano così confermati 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome con 35 di contributi. Quota 102 per andare in pensione (64 anni di età e 38 di contributi) non piace oltre che ai sindacati e alla Lega neanche al Pd che la considera una misura ponte e che preme per aprire un tavolo per una riforma complessiva del sistema.
Tutto da scrivere è poi il capitolo fiscale. Il governo ha lasciato che a occuparsene sia il Parlamento ma qui i partiti sono destinati a cozzare tra loro. Nella manovra è indicata una direzione: la riduzione dell’Irpef e dell’Irap. E i tecnici sono allo studio su simulazioni e tabelle. Ma tutto dipenderà dalla scelta: se intervenire, cioè, lato imprese o sui redditi delle persone fisiche. Dal momento che nella variegata maggioranza che sostiene il governo ci sono sponsor di entrambe le fazioni è possibile che alla fine si opterà per un mix di interventi.
Il rischio è che però le risorse – gli 8 miliardi – vengano disperse. Il leader della Lega, Matteo Salvini, vuole privilegiare gli autonomi. Il Pd punta sui dipendenti e propone di tagliare il Cuaf (contributi per gli assegni familiari), al posto dell’Irap, lato imprese e di guardare a detrazioni e bonus sul fronte dell’Irpef. Il M5S, con il ministro Stefano Patuanelli, rilancia sul taglio del cuneo fiscale. Iv chiede l’apertura di un tavolo.