A risolvere il dilemma sul Piano nazionale di ripresa e resilienza dei Migliori, ovvero chiedere o meno la revisione del Pnrr, potrebbe essere Bruxelles. Che potrebbe costringerci a rivederlo causa taglio dei fondi. Ma andiamo con ordine. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, ha ventilato la possibilità che – causa l’aumento dei prezzi delle materie prime che mette in difficoltà le imprese costruttrici impegnate nei progetti – l’Italia potrebbe chiedere di modificare il piano (leggi l’articolo).
Il giorno dopo Bruxelles ha fatto sapere che cambiare il Pnrr è possibile ma non è semplicissimo. La revisione, ha spiegato, sarebbe del resto permessa solo in “casi eccezionali” e sulla base di “circostanze obiettive” e andrebbe incontro a una “valutazione rigorosa” da parte della Commissione, a stretto contatto comunque con il Paese membro che ne fa richiesta. Ieri la svolta.
CATTIVE NOTIZIE. L’Italia potrebbe vedersi tagliare una parte dei trasferimenti previsti dal Next Generation Eu, per via del buon andamento della sua economia, che ha messo a segno un rimbalzo superiore alle previsioni. E in questo caso sarebbe di fatto costretta a rivedere il suo Pnrr. “è una buona notizia che l’economia di un paese vada bene: non va dimenticato che lo scopo di tutta la nostra politica è che l’economia si riprenda”, ha detto il portavoce della Commissione, Eric Mamer.
Nelle stesse ore in cui il ministro dell’Economia, Daniele Franco (nella foto), dopo aver ricordato il buon risultato dello scorso anno (il Pil dovrebbe avvicinarsi al 6,5%) ha elencato le incognite che gravano sul 2022 – nonostante le previsioni indichino una crescita superiore al 4% – ovvero pandemia, tensioni internazionali, e soprattutto costo dell’energia. L’esecutivo europeo ha spiegato, con la portavoce all’Economia Veerle Nuyts, che il regolamento sul Recovery prevede che l’allocazione massima attuale per le sovvenzioni sia “indicativa”, con il 30% dell’importo “suscettibile di essere modificata”, conformemente a quanto concordato dai leader Ue nel luglio 2020 e all’articolo 11 del regolamento.
In concreto, significa che l’allocazione delle sovvenzioni sarà ricalcolata al più tardi il 30 giugno 2022 per determinare i massimali finali per ogni Paese membro. E il nuovo calcolo si baserà sui “risultati effettivi per quanto riguarda la variazione del Pil reale nel 2020 e la variazione aggregata del Pil reale nel periodo 2020-2021”. Nuovo calcolo dunque che può tradursi in una sforbiciata ai fondi.
LE TRE OPZIONI. Nei casi in cui l’ammontare finale delle sovvenzioni sia più basso rispetto a quello inizialmente stimato, ci sono tre opzioni per gli Stati membri: la possibilità di presentare un piano rivisto includendo il trasferimento di fondi da altre risorse Ue, come i fondi di coesione; la possibilità di colmare le lacune con fondi nazionali oppure la possibilità di presentare un piano rivisto con una richiesta di prestito, fino al 31 agosto 2023, e il massimo per il prestito è 6,8 per cento del Pil lordo nazionale.
Se l’ammontare pari al 6,8 per cento del Pil lordo è già stato raggiunto da un Paese, non si può fare richiesta per un altro prestito. A prendere posizione contro Bruxelles è il leader della Lega. “Non è il momento delle provocazioni. In una fase di crisi geopolitica, energetica, logistica e di aumento del costo delle materie prime, anche solo ipotizzare tagli ai fondi europei destinati all’Italia è inaccettabile”, commenta Matteo Salvini.