La disposizione arrivava dall’assessore al Welfare Giulio Gallera ed era categorica: neppure i sindaci della Bergamasca dovevano entrare in possesso dei dati dei pazienti positivi al Covid. Il numero dei contagi doveva rimanere segreto per “non creare allarmismi”, e a farsi garante che ciò accadesse doveva essere il direttore generale dell’Agenzia per la Tutela della Salute (Ats) di Bergamo Massimo Giupponi, che oggi figura tra i diciannove indagati della Procura bergamasca nell’inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e ad Alzano Lombardo.
Per l’ex assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, il numero dei contagi doveva rimanere segreto per “non creare allarmismi”
Secondo la procura, Giupponi avrebbe dichiarato il falso sostenendo come i pazienti positivi fossero stati trasferiti presso altri centri, mentre in realtà rimasero “parcheggiati” al pronto soccorso di Alzano per diversi giorni. Il direttore generale dell’Ats, inoltre, rimase “inerte” rispetto all’adozione di possibili provvedimenti di sua competenza, come l’applicazione del piano pandemico locale antinfluenzale, adottato dall’Agenzia nel 2007. Rispettando l’ordine che arrivava dai piani alti di Regione Lombardia, i dati sui contagi venivano negati persino ai carabinieri, tanto che Giupponi scrive a tutti i sindaci una nota ufficiale dell’Ats per ribadire che “neppure i carabinieri sono titolati a richiedere dati epidemiologici”.
A sapere come stavano le cose, però, non dovevano essere soprattutto i cittadini, tenuti all’oscuro della reale portata dell’epidemia che si stava diffondendo nella Bergamasca. La mancata informazione potrebbe aver portato alla sottovalutazione del fenomeno pandemico e, di conseguenza, ad “abbassare la guardia” proprio nel momento in cui sarebbe stato più necessario mantenere comportamenti più prudenti. Per questo, nelle carte dell’inchiesta, i pm di Bergamo sottolineano come “non può non evidenziarsi come la continua volontà di tacere i dati, secretare il piano Merler di risposta all’epidemia, negare la gravità del quadro epidemiologico, minimizzare, cercare, appunto, di non creare panico”, possa aver indotto a pensare che “la situazione non fosse così grave”.
“Se misure specifiche per i Comuni di Alzano e Nembro, tipo zona rossa di Codogno, fossero state adottate una settimana prima rispetto all’8 marzo 2020, mi sento di dire ragionevolmente che avremmo avuto la metà dei contagi”, dirà, sentito in Procura il 7 dicembre 2020, Stefano Merler, il ricercatore della fondazione Bruno Kessler di Trento, ai tempi consulente del ministero e autore di una prima proiezione sull’andamento del Coronavirus in Italia basato sui dati cinesi allora disponibile e secretata.
La maggiore preoccupazione di Gallera era quella di fare finta che tutto fosse sotto controllo
Mentre i cimiteri della Valseriana si riempivano di croci, la maggiore preoccupazione di Gallera era quella di fare finta che tutto fosse sotto controllo. Tanto che a fargli perdere letteralmente le staffe è leggere sui giornali la notizia che un bambino di un anno di Alzano Lombardo, contagiato, è finito in terapia intensiva al “Giovanni XXIII” di Bergamo: “Dare questa notizia è devastante. Chi l’ha data? Vi abbiamo detto allo sfinimento di non dare numeri!”, scrive allora alla direttrice generale del polo pediatrico Beatrice Stasi, “un bambino in terapia neonatale domani è l’apertura dei giornali nazionali. Notizia devastante. Licenzia l’addetta stampa!”.
Ordine che verrà eseguito, ma in maniera più “soft”: il contratto alla giornalista, alla scadenza, non sarà rinnovato. Arriva il 2 aprile 2020 e un altro messaggio la dice lunga sulla gestione della pandemia nei primi mesi di diffusione del virus. Lo invia il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni all’assessore Gallera. Dopo aver saputo che Massimo Giupponi ha appena nominato a capo del dipartimento di Prevenzione dell’Ats di Bergamo un veterinario, Antonio Sorice, sbotta: “Ma Giupponi è veramente un demente!!!”.
Riceviamo e pubblichiamo
L’Ufficio stampa, Comunicazione e relazioni esterne dell’ASST Papa Giovanni XXIII fa sapere che la giornalista citata nell’articolo “ha deciso di interrompere la collaborazione per motivi personali non correlati alla vicenda”.