Di Alberto Pinna per Il Corriere della Sera
La Costa Smeralda, un paradiso anche fiscale. Sta per concludersi un’inchiesta su una maxi evasione, più di 100 milioni (addirittura 170, se si comprendono interessi e sanzioni) e il procuratore della repubblica di Tempio Pausania Domenico Fiordalisi ha nel mirino una miriade di società che nel 2012 hanno venduto all’emiro del Qatar il «regno» che fu di Karim Aga Khan.
Alberghi extralusso, ville, l’approdo turistico di Porto Cervo, ristoranti, negozi e locali commerciali, uno dei campi da golf più esclusivi al mondo, 2500 ettari di terreni che si affacciano sul mare. La Qatar holding e l’emiro Tamin Bin Hamad Al Thani non sono coinvolti nell’inchiesta, che investe le società nell’orbita della Colony Capital e dell’uomo d’affari Tom Barrack, americano d’origine libanese, ai quali si contesta di aver «dimenticato» di pagare al fisco il dovuto: incassarono fra i 550 e i 600 milioni dalla vendita all’emiro, ma in Italia — sostengono i magistrati — sono stati versati pochi spiccioli d’imposte.
Barrack aveva acquistato la Costa Smeralda nel 2003 pagandola poco più di 300 milioni: l’ha rivenduta quasi al doppio, ma gli utili si sono smarriti in un labirinto di società collegate alla Colony, che sfocia in Lussemburgo.
L’Agenzia delle entrate di Sassari ha cercato di vederci chiaro e, almeno per una parte della vendita, è riuscita a recuperare qualcosa: una decina di giorni fa è stato siglato un concordato e nelle casse dell’erario sono affluiti 2 milioni. «Ma si tratta di un atto amministrativo, che riguarda una parte della vendita e non ferma le indagini sull’evasione», fanno sapere gli inquirenti. Che, dopo la perquisizioni dello scorso autunno a Porto Cervo e a Milano, sembrano sicuri di aver ricostruito il percorso dei denari sottratti al fisco e si preparano a chiederne conto a una decina di indagati, fra dirigenti e professionisti.