Ci risiamo, arrivano le prime piogge e l’Italia finisce sott’acqua. Come al solito la politica si ricorda del problema del rischio idrogeologico soltanto quando accade una tragedia come quella delle Marche, per poi disinteressarsene appena finisce l’ondata di stupore. Professore Luca Mercalli come si spiega questo atteggiamento?
“Innanzitutto voglio precisare che questo è un nubifragio di proporzioni inaudite da un punto di vista metereologico. Poi è chiaro che esiste una debolezza intrinseca del territorio e che il dissesto idrogelogico in Italia non è una novità ma ci troviamo davanti a un evento talmente fuori dal comune, con 400 millimetri di acqua in nove ore che corrispondono a un terzo delle precipitazioni annuali, che avrebbe causato danni in qualsiasi parte del mondo. Detto questo, purtroppo è vero che la politica si ricorda del problema soltanto quand’è troppo tardi. Ormai ci siamo abituati ed è deprimente”.
Crede che quanto accaduto sia un fenomeno naturale oppure lo ritiene legato al riscaldamento climatico e quindi alle attività umane?
“Gli acquazzoni ci sono sempre stati ma questo disastro ci mette davanti a due problematiche: la prima è quella relativa alla nostra storica impreparazione di fronte alla gestione del rischio idrogeologico; la seconda è che si sta assistendo a un’amplificazione di questi fenomeni, i quali aumentano di frequenza e intensità, a causa del cambiamento climatico. Quello che nessuno sta facendo notare è che con l’aumentare dell’intensità di tali fenomeni, tutte le infrastrutture che un tempo erano adatte, ora rischiano di diventate inadeguate. Basta pensare a un ponte che viene progettato per resistere a una determinata portata d’acqua. Ma se quest’ultima cambia, la struttura diventa immediatamente inadeguata e pericolosa”.
Sebbene l’Italia sia molto deficitaria in fatto di prevenzione e che i disastri si ripetono ogni anno, come si spiega che nei programmi elettorali dei partiti sul rischio idrogeologico viene detto poco e niente?
“Sono assolutamente terrorizzato dalla mancanza di consapevolezza da parte dei nostri politici per un tema che condiziona la vita della nazione. Tanto più se penso che li vedo quotidianamente parlare di temi insignificanti mentre questo, che è una priorità, viene ignorato. Ripeto, sono terrorizzato. Ma non sono l’unico a pensarla così. Soltanto tre giorni fa il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha detto che ‘non c’è nulla di naturale nella nuova portata di questi disastri. Sono il prezzo della dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili’. E purtroppo ha ragione”.
Eppure in molti continuano a mettere in dubbio il collegamento tra cambiamento climatico e attività umana…
“Che ci sia gente che dice No, non mi interessa. Pensi che c’è perfino chi dice che la terra è piatta. A me interessa soltanto che la comunità scientifica e le Nazioni unite hanno accertato che la responsabilità del cambiamento climatico è tutta umana. Ma questo per certi versi è positivo perché se fosse dipeso da altro, ad esempio dall’attività solare, allora saremmo stati spacciati mentre dipendendo dall’attività umana significa che possiamo rimediare. Il problema è che nessuno sembra volerlo fare”.
Proprio il cambiamento climatico, tra crisi internazionale e disastri naturali, dovrebbe essere la priorità per chi mira a governare. Peccato che la transizione ecologica sembra sparita dai radar. Anzi da Meloni a Salvini si torna a parlare di combustibili fossili. È la strada giusta?
“Prima della guerra il tema era nell’agenda ma non era stato ancora affrontato in modo concreto. Possiamo dire che c’è stata una lunga gestazione durata oltre 40 anni che ci aveva portato, nel 2019, a mettere il tema ambientale e climatico almeno nell’elenco delle priorità. Il punto di massima attenzione al problema c’è stato a dicembre 2019 con la proclamazione del Green deal europeo di Ursula von der Leyen. Poi a gennaio i primi annunci della pandemia in Cina, a febbraio l’arrivo del Covid in Italia e in Europa e a questo punto il tema ambientale è stato messo da parte. Curiosamente proprio la pandemia, nella prima fase, ha portato a un risultato ambientale indiretto poiché i lockdown in tutto il mondo hanno fatto crollare, per la prima volta nella storia dell’era post industriale, le emissioni del 6%. Perché è un dato importante? Perché ha dimostrato che è possibile ridurre l’inquinamento. Un risultato interessante che andava portato avanti, ovviamente senza limitazioni alle libertà individuali, con interventi strutturali. Invece si è scelto di ritornare al passato e ai combustibili fossili tanto che nel 2021, quando ancora non c’era la guerra, è stato segnato il record assoluto di emissioni e le cose potrebbe addirittura peggiorare visto il conflitto in corso”.
Recentemente è tornato di moda il nucleare, spacciato dalle destre come una tecnologia utile alla transizione ecologica nonché pulita, sicura ed economica. Dichiarazioni che molti esperti mettono in dubbio per via dei costi e per il problema delle scorie. Lei come la pensa?
“Che è una follia pensare che il nucleare sia una soluzione. Il primo problema è di natura temporale perché la decarbonizzazione va fatta subito mentre per costruire una centrale nucleare ci vogliono una quindicina di anni. Per non parlare del problema dei costi… Realizzare una centrale nucleare costava tra i 12 e i 15 miliardi di euro ma ora le cose sono cambiate perché con la crisi in Ucraina, ne servirebbero il doppio. Poi c’è il problema che l’Italia non ha l’uranio e quindi dovrebbe comprare tale materia prima, il cui prezzo è in vertiginosa salita da anni, diventando completamente dipendenti dall’estero. Ultimo ma non ultimo, bisogna smetterla di dire che il nucleare è pulito. Con le nuove tecnologie possiamo giusto dire che è diventato meno sporco”.
Ci dica la verità, alla luce di quanto detto crede che sapremo superare il problema oppure non cambierà nulla?
“Non posso che risponderle con un secco No. Non ho nessun elemento che mi possa far pensare che cambierà qualcosa rispetto al passato. La triste realtà è che per i partiti politici, anche di fronte a simili disastri, non ha mai messo al primo posto l’ambiente e ora ne paghiamo il prezzo”.