C’è una nuova mappa del riciclaggio in Italia, e non è fatta di confini geografici, ma di corridoi finanziari, algoritmi e connivenze. Le mafie, ancora una volta, non hanno bisogno di nascondersi: si muovono in piena luce, nei conti correnti, nei bonifici e nelle operazioni digitali. Secondo un’analisi di Unimpresa, il riciclaggio di denaro sporco nel nostro Paese è cresciuto dell’85% dal 2022 al 2023. Non è un errore di battitura. Ottantacinque per cento. Roma e Milano dominano la triste classifica, ma anche Palermo (settima) e Catania (undicesima) non sono semplici comparse in questa tragedia.
Una crescita fuori controllo
Dietro i numeri c’è una verità tanto evidente quanto insopportabile: il sistema finanziario non è vittima delle mafie, ma il loro alleato. Non un sodalizio dichiarato, certo, ma un rapporto che si nutre di disattenzione, omissioni e, spesso, di complicità. Le operazioni sospette riconducibili alle mafie sono passate da 22.654 nel 2021 a 53.046 nel 2023. Non c’è città immune, come ricorda il generale Michele Carbone della Dia: le mafie non si pongono confini. Operano in “spazi finanziari”, spartendosi il mercato con l’efficienza di multinazionali.
La tecnologia, dicono, è il futuro. Ma nelle mani sbagliate, è anche un’arma. Intelligenza artificiale, blockchain, dark web: strumenti che dovrebbero rendere il mondo più equo diventano perfetti alleati per chi vuole riciclare denaro sporco. Ogni bonifico tracciabile nasconde un’altra transazione che sfugge ai radar, ogni algoritmo antiriciclaggio viene eluso da chi conosce meglio il sistema di chi lo ha creato.
Tecnologia e complicità: le nuove armi delle mafie
E intanto le banche? Raccolgono proclami e non bastano le dichiarazioni di buone intenzioni di dirigenti e autorità per nascondere le falle nei sistemi di controllo. Servono normative più stringenti, certo, ma anche una rivoluzione culturale. Perché, diciamolo chiaramente, il riciclaggio non è un atto isolato, ma l’esito di un sistema che tollera, quando non incoraggia, la penetrazione mafiosa nell’economia reale.
Perché a Palermo e Catania le segnalazioni di operazioni sospette rappresentano solo il 2% e l’1,4% del totale nazionale? Non è che le mafie siano meno attive in Sicilia: è che i sistemi di controllo sono meno capaci di intercettarle. Troppo spesso si parla di prevenzione senza mai guardare al cuore del problema: le mafie prosperano perché sono percepite come un fenomeno inevitabile.
C’è una lezione in tutto questo: il riciclaggio non è un’anomalia, ma una regola non scritta del sistema economico attuale. E finché ci si accontenterà di indignarsi davanti ai numeri senza affrontare le responsabilità sistemiche, Palermo e Catania continueranno a essere numeri di una statistica che non fa altro che crescere.