Quattro giorni fa, la presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, di Fratelli d’Italia, nella sala consiliare di Villa Sarsina di Anzio, centro del litorale romano il cui Consiglio comunale è stato sciolto nel mese di novembre 2022, spiegava l’esigenza di “raccontare fuori da qui qual è la geografia dei clan su questo territorio e come questi utilizzano le nuove generazioni e la criminalità comune”.
“Abbiamo un territorio dove un giorno sì e un giorno no pare esserci un accordo che poi salta tra diversi tipi di criminalità organizzata”, osservava Colosimo, “una presenza nota e conosciuta della ‘ndrangheta, con una locale che viene da Santa Cristina d’Aspromonte; abbiamo la presenza acclarata di diverse famiglie, quella nota dei Gallace, dei Perronace, dei Madaffari, dei Tedesco, ma abbiamo insieme una presenza importante dei clan camorristici. In questo senso segnaliamo la lunga mano del clan Moccia, il clan Mallardo. E allo stesso tempo abbiamo un braccio della Cosa nostra catanese”.
La bella destra di Colosimo
La Commissione Antimafia sotto la guida della fedelissima di Giorgia Meloni è scomparsa dalle cronache nazionali. Come temevano in molti l’organo parlamentare ha l’aria di essere un’organizzazione celebrativa preoccupata di non disturbare la narrazione: la mafia non c’è, se c’è c’è pochissimo ed è una questione di cognomi sul territorio dediti al brigantaggio organizzato. Nel suo viaggio tra Anzio e Nettuno la presidente della commissione ha sfiorato senza fare cenno il territorio di Latina.
È un’occasione persa perché lì proprio qualche giorno fa la Procura ha ordinato un sequestro di beni per il valore di cinque milioni di euro che con il partito di Colosimo ha molto a che fare. I beni confiscati infatti sono di Pasquale Maietta, 52 anni, commercialista ed ex deputato di Fratelli d’Italia. Maietta a Latina è uno che conta: ex assessore comunale al Bilancio ed ex presidente del Latina Calcio, è imputato in tre processi (Arpalo, Arpalo 2 e Olimpia) per trasferimento fraudolento di valori, associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, bancarotta fraudolenta, corruzione, e numerosi reati tributari e fiscali commessi in concorso con altri soggetti.
Nel dispositivo di confisca si legge della pericolosità sociale del commercialista, che dai primi anni 2000 – viene evidenziato – è risultato in contatto con soggetti della provincia di Latina di elevato spessore criminale come Costantino Di Silvio detto Cha Cha. La famiglia Di Silvio, molto vicina al clan dei Casamonica. Mafia, insomma. Quella stessa mafia di cui si vorrebbe occupare la Commissione, solo che in questo caso in questa brutta storia c’è un ex tesoriere (a Montecitorio) dello stesso partito della presidente dell’Antimafia.
Siamo certi che questo piccolo particolare non ostacolerà l’attività istituzionale e non ottunderà la proverbiale curiosità dei suoi membri. Anche perché sui rapporti tra Maietta e Cha Cha c’è un’esaustiva inchiesta che uscì nel 2014 su Il Manifesto (e un importante libro, Laboratorio criminale) firmata dai giornalisti Marco Omizzolo e Roberto Lessio. Nella quale si legge: “Il deputato Pasquale Maietta, tesoriere alla Camera di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, ex assessore al Bilancio di Latina e presidente del Latina Calcio: squadra che milita nel campionato di serie B. L’onorevole è accusato di violenza privata tentata in concorso, perché intercettato mentre chiedeva a Cha Cha di risolvere per le vie brevi una vicenda personale.
È lo stesso deputato che un anno fa ritirò in extremis un’interrogazione parlamentare preparata dal suo staff proprio contro il questore di Latina De Matteis, accusato di gettare discredito sulla città per aver denunciato la presenza di una criminalità autoctona capace di condizionare settori nevralgici, a partire dall’urbanistica. Un attacco mal digerito da chi ha governato Latina negli ultimi venti anni”. A Latina non la presero benissimo: qualche ora dopo la pubblicazione del reportage appaiono sul perimetro dello stadio striscioni che definiscono “zecche di merda senza dignità” gli autori dell’articolo. Si è scoperto altresì che il capo degli ultrà della squadra era un componente della famiglia rom che “comandava” nelle piazze di spaccio, estorceva denaro e minacciava numerosi professionisti, e che il magazziniere della squadra era un altro illustre esponente del clan, storico amico mai rinnegato di Maietta. Omizzolo e Lessio non furono dei preveggenti nel 2014, bastò loro guardarsi attorno.
Basta chiedere
Qui c’è il particolare più interessante: il sociologo Marco Omizzolo è consulente proprio della Commissione Antimafia, quindi anche della sua presidente Colosimo. “Gli si potrebbe chiedere una relazione sulla misura di prevenzione, per esempio”, scrive un ex membro della Commissione Antimafia come Davide Mattiello (Pd). In effetti non sarebbe una brutta idea. Anche perché della sua volontà di “fare luce sulle stragi di Falcone Borsellino” (fu una sua promessa nei giorni dell’insediamento) non si è saputo più nulla. C’è da capirla: le toccherebbe passare per forza dal pentito Gaspare Spatuzza che ha riscritto la storia di via D’Amelio e dei depistaggi successivi senza perdere occasione di parlare dei rapporti tra Graviano, Dell’Utri e Berlusconi. Ai tempi l’ex capo di Forza Italia non la prese benissimo, cacciando Spatuzza dal programma di protezione. Ma oggi ci sarebbe un’ottima occasione per fare chiarezza. Occuparsi non solo dei pesci piccoli: indagare sui pesci grossi e sugli amici. Dovrebbe essere questo il compito della commissione. O no?