Il presidente francese Emmanuel Macron non si dimetterà nonostante la gravissima crisi politica in Francia. Lo ha ribadito ieri sera durante il suo discorso alla nazione. “Il mandato che mi avete democraticamente affidato è un mandato di 5 anni e lo eserciterò appieno fino alla fine”, ha detto. Macron non ha annunciato il nome del nuovo primo ministro che dovrà sostituire Michel Barnier, dimessosi ieri mattina, dopo il voto di sfiducia di mercoledì dell’Assemblea Nazionale.
“Barnier sfiduciato da un fronte antirepubblicano”
Ha però detto che costituirà “un governo di interesse generale” e che nei prossimi giorni incaricherà un primo ministro”, probabilmente il leader centrista del MoDem, François Bayrou. Il presidente si è assunto la responsabilità politica di aver sciolto il parlamento dopo il voto delle Europee e di aver deciso nuove elezioni che hanno portato all’impasse attuale. Per il presidente la crisi è dovuta al fatto che, “nonostante le concessioni fatte da Barnier a tutti i gruppi parlamentari”, il governo “è stato sfiduciato, perché estrema destra ed estrema sinistra si sono uniti in un fronte antirepubblicano”.
Tutti gli errori di Macron
A ben vedere, il caos scoppiato in Francia, culminato con la caduta del governo Barnier, sembra essere più una diretta conseguenza della lunga sequela di errori commessi da Macron che una colpa imputabile al primo ministro. L’inquilino dell’Eliseo, ormai da tempo in crisi di consenso, non ha colto alcun successo significativo nell’ultimo anno. Senza timore di smentite, tutto è iniziato con le europee. In quell’occasione, il leader di Renaissance, noto fino al settembre 2022 come “En Marche”, ha subito una vera e propria débâcle, ottenendo un misero 15,2% delle preferenze e venendo più che doppiato dal Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen, che ha conquistato il 31,5% dei voti.
Tracollo evidente
Il tracollo era apparso evidente sin dai primi exit poll, tanto da spingere Macron, a scrutinio appena iniziato, a giocare d’anticipo con una mossa a sorpresa: l’annuncio dello scioglimento dell’Assemblée Nationale. Una decisione presa senza consultare né i partiti che lo sostengono né i suoi più stretti consiglieri. La scelta, molto criticata sia all’interno del suo partito che nella sinistra francese, è stata giustificata dal leader di Renaissance con queste parole: “Questa decisione è grave, pesante, ma è soprattutto un atto di fiducia. Fiducia in voi, miei cari connazionali, nella capacità del popolo francese di fare la scelta più giusta per sé e per le generazioni future. Fiducia nella nostra democrazia. In Francia, i rappresentanti dell’estrema destra hanno raggiunto il 40% dei voti espressi. È una situazione alla quale non posso rassegnarmi”.
Arginare la Le Pen
Macron puntava su un ritorno anticipato alle urne per arginare l’avanzata di Le Pen, confidando nella breve durata della campagna elettorale. Tuttavia, la sua mossa si è rivelata un azzardo clamoroso. Al primo turno, Renaissance è crollato al terzo posto, mentre RN ha ulteriormente rafforzato le sue posizioni, ottenendo un risultato che lasciava presagire la conquista della maggioranza nell’Assemblée Nationale.
La desistenza
Per scongiurare questa eventualità, l’alleanza di sinistra, il Nouveau Front Populaire (NFP), classificatasi seconda, ha adottato la strategia della “desistenza,” ritirando i candidati arrivati terzi nelle rispettive circoscrizioni. Una mossa che si è rivelata vincente: al secondo turno, infatti, NFP è diventata la prima forza politica del Paese, con RN al secondo posto e Renaissance relegata al terzo.
Il tradimento
Di fronte a un risultato tanto netto, la sinistra ha proposto a Macron di nominare Lucie Castets come primo ministro, tendendo di fatto una mano al presidente. Ma Macron, con l’ennesimo colpo di scena, ha rifiutato, preferendo puntare su Barnier. Una scelta che si è rivelata non solo sbagliata, ma che rischia addirittura di rappresentare la pietra tombale del macronismo.