Sulla crisi di Taranto si leva alta la preoccupazione del Capo dello Stato. Il premier sale al Colle e fa il punto sull’intricatissimo dossier dell’ex Ilva. Sergio Mattarella non entra nel merito delle soluzioni necessarie ma invita a far presto. Il governo tiene aperte tutte le strade: “Stiamo predisponendo meccanismi di tutela molto urgenti, anche giudiziari, siamo 24 ore su 24 sul tavolo a studiare le soluzioni anche alternative”, dice Giuseppe Conte. Compresa un’eventuale nazionalizzazione? “Stiamo valutando tutte le possibili opzioni ma ora non ha senso parlarne. Aspetto una proposta dal signor Mittal e vorrei incontrarlo nelle prossime ore”.
BALLE INDIANE. Il patron Lakshmi N. Mittal, intanto, presentando i conti del terzo trimestre, afferma che la priorità rimane la riduzione dei costi. Urgenza che ha fatto presente al governo e che nutre i motivi del disimpegno dell’azienda dall’Italia. Perché ancora una volta il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e Conte ribadiscono che lo scudo penale è un falso problema. ArcelorMittal – ha detto il ministro pentastellato nell’informativa urgente alle Camere – ha presentato un’offerta irrevocabile nonostante la scadenza dello scudo penale a marzo 2019. Certo, l’azienda auspicava che la criticità venisse corretta ma questo non l’ha scoraggiata. Se il rebus da risolvere fosse lo scudo provvederemmo immediatamente, dice Conte, “in poche ore”: “Su questo il governo è compatto”.
Il premier non vuole dar seguito alle voci di divisioni in seno alla maggioranza sull’opportunità di ripristinare la protezione legale. Sebbene sia noto che una parte del M5S difenda lo stop all’immunità. Le motivazioni dell’addio vanno ricercate altrove. Lo spiega il numero uno del Mise: “A prescindere da tutte le evidenze collaterali e da tutte le questioni aperte collaterali, anche risolte quelle, ArcelorMittal non si impegna in nessun modo a produrre più di 4 milioni di tonnellate anno, chiede 5 mila esuberi (…) Ci ha detto, in modo plastico, che non è in grado di rispettare il piano industriale e, di conseguenza, il piano occupazionale”.
Nel M5S serpeggia, invece, irritazione per chi ha gestito il dossier in passato quando “con un’altra offerta sul tavolo da parte di un consorzio in cui figurava anche Cassa depositi e prestiti (cioè lo Stato) – si legge sul Blog delle Stelle – l’allora ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, lasciò Ilva nelle mani della multinazionale franco-indiana”. Fu una questione di soldi, ricostruisce Patuanelli nella sua informativa, la cordata guidata da Arcelor Mittal ha vinto perché ritenuta migliore la sua offerta nella parte relativa al prezzo.
RESA SOVRANISTA. Il ministro rilancia l’appello di Conte alla responsabilità e all’unità, “dalla mia forza politica all’ultima forza politica di opposizione, perché questa vertenza la risolviamo col sistema Paese”. E ne fa “una questione di sovranità nazionale”. Che il capo politico dei Cinque Stelle riprende a stretto giro. Luigi Di Maio attacca i sovranisti di casa nostra: i leghisti. La richiesta di Matteo Salvini di reintrodurre l’immunità per ArcelorMittal? “Una resa senza condizioni”, dice il ministro degli Esteri. “Ci sarà da far rispettare la sovranità dello Stato. E non lo potranno fare i camerieri delle multinazionali travestiti da sovranisti”. “Sentire parlare Di Maio di sovranità nazionale è imbarazzante. Dessero una risposta ai lavoratori”, replica Matteo Salvini. “Se una multinazionale ha firmato un impegno con lo Stato, lo Stato deve farsi rispettare, chiedendo il rispetto dei patti e facendosi risarcire i danni”, incalza Di Maio. Ove mai fosse una battaglia giudiziaria, “sarebbe quella del secolo”, dice Conte.