di Carmine Gazzanni
No, l’Italia non è un Paese per orfani. Perché, pur essendoci una serie di leggi che incentiverebbero alle adozioni e che mirano alla tutela degli stessi bambini, restano carta straccia. Perché inapplicate. Eppure la questione, delicata visti i soggetti di cui si tratta, non è affatto secondaria. Negli orfanotrofi italiani si stima, infatti, siano ospitati circa 35 mila minori. Un numero, tuttavia, in continua espansione dato che, secondo le associazioni di categoria, si aggiungono ogni anno qualcosa come 400 neonati che, al momento della nascita, vengono puntualmente abbandonati.
UN DISASTRO – Insomma, non sono affatto pochi i bambini che sperano, un giorno, di essere accolti da una famiglia. Peccato, però, che dalle uniche fonti disponibili, quelle dei tribunali per i minorenni, si evince che sono dichiarati adottabili ogni anno soltanto 1.300 bambini italiani circa. Tra cavilli burocratici e leggi inapplicate, insomma, il quadro resta parecchio ingarbugliato. Perché, in realtà, il numero di adozioni potrebbe essere più elevato, come fa sapere l’Aibi (Associazione Amici dei Bambini). Ma, purtroppo, in Italia non esiste una banca dati che monitori il fenomeno e tenga d’occhio, in parallelo, di quante famiglie siano disposte ad adottare. Insomma, il sistema fa acqua da tutte le parti. Eppure le norme ci sono. E da tempo. Una fondamentale, ad esempio, risale al 28 marzo 2001 che modifica e amplia, a sua volta, una legge del 1983 recante, appunto la “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”.
Tra le tante disposizioni, si prevedeva proprio la necessità di creare una banca dati per registrare le due categorie di persone interessate: nomi e profili dei minori adottabili, da un lato, e quelli di coppie e singoli disponibili all’adozione, dall’altro, al fine di agevolare la ricerca dei genitori più adatti all’adozione di ogni singolo bambino. Da allora sono passati ben 15 anni ormai, ma della banca dati nemmeno l’ombra. Zero. Niente di niente. E a nulla è servita anche la sentenza del Tar che ha dato ragione all’Aibi e che aveva obbligato l’Italia a realizzare la banca dati. Il nostro Paese ha preferito girarsi dall’altra parte e fare spallucce a migliaia di bambini. L’unico sprizzo di orgoglio c’è stato nel 2013 quando, tramite decreto, il Ministero della Giustizia ha disposto che si rendesse operativa la “Banca Dati dei coniugi aspiranti all’adozione nazionale ed internazionale”. Soluzione raggiunta? Niente affatto. Bufale su bufale. Anche in questo caso, infatti, niente di concreto è stato poi fatto. Ci hanno provato, allora, i tribunali dei minori a muoversi autonomamente, ma dei 29 esistenti lungo tutta la Penisola, solo 8 dispongono di una banca dati funzionante, mentre solo altri 3 la stanno avviando. Un disastro.
SOLUZIONI LONTANE – Ed ecco, allora, che dati precisi non ci sono. E in questo mare magnum diventano impossibili anche le stesse procedure di adozione. Già, perché la banca dati – che dovrebbe essere gestita dal dipartimento per la giustizia minorile – sarebbe stata accessibile proprio ai magistrati che si occupano di adozioni e aggiornata ogni tre mesi, di modo che gli stessi togati potessero essere realmente utili, per famiglie disposte ad adottare e bambini che non attendono altro. E invece nulla. L’ ennesima promessa infranta. Ma che questa volta fa più male trattandosi di bambini senza famiglia. E, a questo punto, anche senza Stato.
Twitter: @CarmineGazzanni