L’altro ieri Beppe Grillo ha attaccato Giuseppe Conte definendosi il garante e non un “coglione”. Ieri invece ha detto a Conte di “studiare chi siamo” (leggi l’articolo). Insomma pare chiaro che Grillo non ha preso bene che Conte stesse avviluppando il Movimento nelle spire democristiane. Ed anche le posizioni morotee di molti pentiti del “Vaffa” – come Luigi Di Maio – sono ora leggermente fuori sincrono rispetto alla valanga scesa da Genova a Roma.
Conte è troppo esperto per non dedurre che la sua permanenza nel Movimento ora è a rischio impallinamento futuro. Dal canto suo Grillo due conti (e scusate il gioco di parole) se li è fatti. Ma dietro l’uscita dell’elevato che ha messo in forse la riuscita dell’intera rifondazione del Movimento, dietro questa sua decisione di riprendersi la scena, c’è, probabilmente, anche una considerazione molto pratica del tutto ignorata dalla pletora dei retroscenisti.
L’elettorato movimentista dei Cinque Stelle ha perso circa 5 milioni di voti dal 2018 che potrebbero essere riassorbiti da partiti populisti che insistono sul loro identico elettorato. Non è infatti passato inosservato il ritorno di Italia dei Valori che ha annunciato una conferenza stampa per il primo luglio in cui si darà contezza del riformarsi dei gruppi parlamentari alla Camera e al Senato e la modifica dello Statuto. Tra i nomi della “nuova IdV” ci sono quelli dell’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta e della testimone e deputata di Giustizia Piera Aiello entrambe ex M5S.
Il partito del gabbiano è ora guidato dall’avvocato ed ex deputato Ignazio Messina, ma dietro c’è il ritorno dell’ex magistrato simbolo di Mani Pulite e cioè Antonio Di Pietro che per il momento non ha rilasciato dichiarazioni. Ma lo stesso Messina – che ha fatto la scorsa settimana due riunioni strategiche a Roma nel quartiere Prati – ha lasciato intendere che il fondatore di IdV non solo è informato di tutto, ma che ha anche suggerito di iniziare dalle prossime comunali a Roma.
Non sfugge che la Capitale diventerebbe così un prestigioso laboratorio locale per il rilancio nazionale per le politiche del 2023. E la posta in gioco sarebbe molto alta e cioè la conquista dei voti movimentisti lasciati orfani da Grillo. Ragionamento identico pare aver fatto Antonio Ingroia. E se pure Davide Casaleggio ed Enrica Sabatini (Rousseau) hanno mostrato interesse per la politica, insieme ad un possibile ritorno di Alessandro Di Battista si capisce perché Grillo sia stato indotto a frenare su una svolta ultramoderata.